Articolo appparso il 7 giugno 2013 su Corriere Nazionale – Qui Firenze.
Sta arrivando anche in Italia Uber un app che consente di cercare, chiamare e pagare tramite smartphone un’auto con conducente, un simil taxi quindi. Tramite gps il sistema trova l’auto a te più vicina, la dirige verso di te; alla fine del tragitto la transazione avviene via carta di credito e si può dare un giudizio del servizio. Già attivo negli Stati Uniti e in grandi città europee, ovunque è atterrato ha creato polemiche con i tassisti locali. Inevitabile che anche da noi si ripeta la protesta dei conducenti su piazza, con in più l’aggravante di un potere di interdizione della categoria che ha sempre pesato molto nei confronti del potere locale e centrale. Quello dei taxi é mercato in cui la domanda lamenta sempre la carenza di vetture, mentre l’offerta contesta questo dato e ribatte imputando costi altissimi, orari massacranti (verissimo) e tante altre problematiche; tanto che pare strano il prezzo con cui vengono vendute le licenze.
Come sempre accade un mercato che viene forzatamente costretto da vincoli esterni arriva ad un momento in cui un altro agente esterno, in questo caso la tecnologia, scardina i meccanismi di conservazione. Ecco perché l’occasione di Uber e di altri sistemi simili può essere il banco di prova per la categoria dei tassisti per non fare soltanto battaglie di retroguardia, per il governo nazionale per riformare un settore, aprire alla concorrenza e aumentare il servizio senza grossi costi economici ed infine per gli amministratori locali può essere l’occasione giusta per dimostrarsi riformisti anche fuori da uno studio televisivo.