L’angusta gabbia del palcoscenico nella terra di Tebe

In questo autunno che tarda ad arrivare ripartono consuete le stagioni teatrali: Pupi e Fresedde ha presentato quella del teatro di Rifredi lo scorso 27 settembre inserendo come spettacolo di apertura la prima produzione in italiano dell’autore uruguaiano Sergio Blanco. Tebas land è un testo potentissimo ed emozionante che Angelo Savelli, che cura anche la regia dello spettacolo, ha reso con una traduzione secca e asciutta. Lo spettacolo andato in scena in anteprima al festival di Todi questa estate vede un giovane parricida ed un regista confrontarsi nel campo da basket del cortile di un penitenziario.  Lo sdoppiamento tra la realtà carceraria e lo spettacolo che il regista vuole trarre da questo omicidio passa attraverso riferimenti letterari, primo su tutti quello di Edipo che ispira anche il nome dell’opera, ma anche e soprattutto attraverso i colloqui tra il regista, il parricida e il giovane attore che lo interpreterà sulla scena. Piani che si intersecano e definiscono la tragedia, a partire dal resoconto cronachistico di quanto accaduto per poi scavare e instaurare un rapporto tra l’autore e il detenuto, contrappuntato dall’attore che non è mera cartina di tornasole della riuscita dello spettacolo ma diventa pian piano ulteriore elemento di confronto e conoscenza. Uno spettacolo che ricostruisce il ristretto orizzonte carcerario ponendo lo spettatore sul palco a guardare la gabbia del campo da pallacanestro, asserragliato anche lui e privato del rassicurante confort della propria poltrona in platea. Messo al centro della scena il pubblico è quindi in grado di godersi appieno il gioco di attori che Ciro Masella ma soprattutto Samuele Picchi introducono anche fisicamente tra un rimbalzo di pallone e l’altro. Ancora una volta grande merito al Teatro di Rifredi nel  portare in Italia un autore affermatissimo non soltanto nei paesi di lingua spagnola come era già accaduto con Josep Maria Mirò, che sarà in scena sempre a Rifredi per il terzo anno con Il principio di Archimede o col francese Rémi de Vos con il nuovo spettacolo Tre rotture anch’esso nel cartellone rifredino. Tebas land sarà in scena a Rifredi dal 10 al 27 ottobre con ben 14 repliche che conviene prenotare per tempo visti i posti ridotti per l’allestimento scenico scelto.

Articolo apparso su Cultura Commestibile n. 324 del 4 ottobre 2019

Audizioni: prova d’attori ampiamente superata

Ma come un altro spettacolo di teatro sul teatro? Un altro regista dispotico che dall’ombra determina i destini degli attori? Ma sì se lo spettacolo è Audizioni di e con Alessandro Riccio In scena fino a domani 29 aprile al teatro di Rifredi di Firenze. Spettacolo diretto, crudo ma al tempo stesso divertente e con una bravura attoriale di Riccio e Gaia Nanni (coppia ormai affiatatissima sul palcoscenico) che dovendosi “combattere” per un unico ruolo da protagonista ci fanno dimenticare, come a loro comanda il regista/maestro nell’ombra, che siano un uomo e una donna a contendersi lo stesso ruolo. Un testo asciutto quello di Riccio che mette a disposizione del suo personaggio la sua fisicità, talvolta debordante, mettendosi a nudo, rispetto alle sue interpretazioni più celebri, restituendoci così un attore e il suo volto più autenticamente fragile. Fragilità che sembra il tratto dell’attrice interpretata da Gaia Nanni, che invece con maestria e talento cela e ci fa scoprire un personaggio multiforme fino al finale sorprendente che ti spiazza e ti fa esclamare: “ma dai! Che bravi”.

Articolo apparso su CulturaCommestibile n.260 del 28 aprile 2018

La spinta di Angelo e il principio di Archimede

Va in scena da giovedì 15 fino al 25 febbraio , al Teatro di Rifredi di Firenze, Il principio di Archimede, opera inedita in Italia del pluripremiato drammaturgo catalano Josep Maria Mirò. Un testo forte, potente, su come le paure di questo nostro tempo si scontrano col nostro bisogno di affettività, un testo messo in scena e tradotto da Angelo Savelli che ne parla con la stessa passione di cui parla delle sue “creature”, un’opera che ha fatto sua e che sta per regalare al suo pubblico.

Il tema de “il principio di Archimede” ad una prima lettura sembra essere la pedofilia, invece, leggendo il testo si intuisce una profondità diversa, maggiore, intrecci e contraddizioni, anche punti oscuri che normalmente preferiamo dimenticare, cosa ti ha convinto a mettere in scena questo testo?

L’averlo visto dal vivo, sulla scena, al suo debutto a Barcellona nel 2012 nella magistrale  messa in scena dello stesso Miró, e la profonda emozione provata in quell’occasione. Un’emozione fulminante che mescolava insieme lo stupore per l’originalità del suo linguaggio narrativo – che esaspera il rapporto tra trama e intreccio in una sorta di straniante avanti ed indietro – e il malessere etico ed intellettuale per le sgradevoli questioni che getta sul tavolo attraverso una riflessione oggettiva ed impietosa, priva d’ideologismi o moralismi. Da allora non l’ho più mollato: me lo sono tradotto, l’ho fatto leggere a vari attori e colleghi, abbiamo cercato un coproduttore – che non abbiamo trovato – abbiamo conosciuto l’autore, apprezzato la sua umanità ed intelligenza, letto le altre sue opere, l’abbiamo invitato a Firenze per fargli conoscere il nostro lavoro e alla fine “Il principio di Archimede” va in scena a Rifredi in esclusiva per l’Italia. Nel frattempo il testo è stato rappresentato in mezzo mondo, sempre con grande successo. E giustamente, perchè è un testo originale, moderno e che parla drammaticamente di noi e della nostra società.

Viviamo in giorni in cui i mostri tornano a popolare le nostre strade e la paura è un elemento ormai, purtroppo centrale, delle nostre società? Sono elementi che si trovano in questo spettacolo, in questo senso possiamo parlare di teatro d’impegno, non tanto come si diceva una volta, in termini di militanza ma di bisogno di interrogarsi. Qui mi pare che l’interrogativo di fondo sia la nostra domanda di sicurezza (anche indotta) è così pressante da annullare persino spazi di affettività? L’autore risponde nel testo e lo vedremo in scena ma qual è il tuo punto di vista?

La perdita colletiva dell’innocenza, la scivolosa identificazione di omosessualità e pedofilia, la trasformazione fatale del dubbio in condanna, l’accettazione passiva e non verificata un tempo di un pettegolezzo e oggi di una fake virale, la rassicurante necessità di sbattere il mostro in prima pagina, l’ossessione della sicurezza che si trasforma in spirale di violenza e soprattutto la rinuncia all’affettività, all’empatia, in un clima di controllo e di sospetto generalizzato, sono i fantasmi che popolano questa opera che abilmente non prende posizioni definitive ma che vuole invece spingere lo spettatore a schierarsi facendogli sentire tutta la responsabilità e la difficoltà di una scelta, molto attuale, tra la sicurezza individuale e il rispetto del diverso, dello straniero, dello sconosciuto. Io personalmente, in quanto cittadino, non posso che rammaricarmi per la deriva egoistica e puritana della nostra convivenza civile e per l’isteria protezionistica che l’ha infettata; ma in quanto regista ho dovuto condividere con i miei attori la difficoltà di aderire senza pregiudizi a tutti i punti di vista dei vari personaggi che il testo ci propone in una sapientissima scansione.

Lo spettacolo si colloca in un unico spazio scenico chiuso, unico, lo spogliatoio della piscina dove il protagonista fa l’istruttore di nuoto e dove accade il fatto che dà vita alla vicenda. Nella tua regia come sfrutti questo elemento, come ne “esci” (se ne esci) da questo limite voluto dall’autore?

Non ne esco affatto. Anzi, l’ho accettato e amplificato. Una scelta che mi ha imposto una prova di rigore quasi chirurgica, rinunciando agli effetti luci, agli interventi musicali, ai movimenti scenografici e a concentrarmi sulla presenza fisica degli attori. Da qui anche la decisione di portare gli spettatori sulla scena, sia per coinvolgerli direttamente ed emotivamente nello spazio chiuso del dramma sia per avvicinarli alla prestazione intensa e a volte minimalista degli attori. Spero ne sia uscito uno spettacolo nitido, lucido, tagliente.

Il tempo della narrazione non è sincronico rispetto alla vicenda narrata, ma segue la visione dei quattro protagonisti, il loro punto di vista? Come hai lavorato con il cast rispetto a questo punto? Quanta libertà hai accordato agli attori visto che, dato il tema, le sfumature di senso possono essere determinanti rispetto al messaggio che intende far passare l’autore?

Questo è un testo che richiede una verità assoluta. Anche perchè uno dei temi dello spettacolo è proprio la percezione e l’ambiguità della verità. Il mio lavoro è stato dunque quello di accompagnare gli attori, mano nella mano, in questa ricerca della loro verità interiore rispetto al testo e ai personaggi, mantenendo larghi margini di ambiguità e muovendosi tra contraddizioni e depistamenti. Un lavoro certosino reso possibile non solo dalla totale adesione dell’intenso protagonista, Giulio Maria Corso, ma anche dalla bravura degli altri tre attori, Monica Bauco, Riccardo Naldini e Samuele Picchi, sempre puntuali e credibili, e sottoposti alla difficoltà di non poter svolgere cronologicamente il percorso dei loro personaggi e di essere costretti, ad ogni inizio di scena, a reinventarsi la loro condizione psicologica.

In questa occasione sei anche il traduttore del testo, come ti sei approcciato al lavoro di traduzione? Il testo italiano è un testo asciutto, per nulla retorico, immagino che in questo tu sia stato assolutamente fedele.

Fedele? Fedelissimo. Fino alla pignoleria. Ma una pignoleria di “scena”, fatta sul palcoscenico con gli attori. Io non mi arrogo la qualifica di traduttore. Non mi cimenterei mai con un testo letterario. Non ho studiato né lo spagnolo né il catalano (le due versioni del testo che ho avuto sotto gli occhi) ma capisco abbastanza bene queste due lingue neolatine per averle molto frequentate; ma soprattutto capisco, da teatrante, stando in scena, cosa un autore, che è anche lui un teatrante, vuole che si dica e, insieme, cosa serve linguisticamente ad un attore per esprimere agiatamente nella propria lingua quel determinato stato d’animo. Logicamente, nel primo approccio al testo, mi sono avvalso della collaborazione di un catalano verace, Josep Anton Codina, regista e operatore culturale di Barcellona. E, lungo tutto il percorso di traduzione/messa in scena, ho cercato di mantenere l’asciuttezza tagliente e quotidiana del testo di Mirò.

Ancora una volta portate a Firenze un autore innovativo e pluripremiato, come funziona il lavoro di ricerca? Un lavoro importante che il pubblico spesso ignora ma che credo sia determinante per il successo delle vostre stagioni?

Il Teatro di Rifredi ama le novità e le proposte originali. E la compagnia Pupi e Fresedde non è certo famosa per i suoi Shakespeare, Goldoni o Pirandello quanto piuttosto per testi, teatrali o letterari, sempre ancorati al presente, scritti nel presente o riscritti per il presente. Per realizzare questo progetto occorre essere sempre curiosi e guardarsi continuamente intorno, anche oltre confine, cercando artisti e spettacoli fuori dai canali che vanno per la maggiore non solo nei circuiti commerciali ma anche tra le conventicole di tendenza. E senza mai dimenticarsi che, in questo presente, la cosa più “presente” è il pubblico, il quale non ci mette niente a diventare “assente” se lo prendi in o lo deludi con un’insignificante routine o un’astrusa fumisteria.

Intervista apparsa su CulturaCommestibile.com n.249 del 10 febbraio 2018

Serra Yilmaz nei panni di Grisélidis, prostituta geniale

Il gennaio del Teatro di Rifredi è decisamente all’insegna di Serra Yilmaz, l’attrice icona di Ferzan Ozpetec che da anni è una presenza fissa della stagione di Pupi e Fresedde (in cartellone anche questa stagione per l’undicesimo anno consecutivo) con l’Ultimo Harem e da qualche anno anche con la Bastarda di Instambul, (che sarà in scena Roma alla Sala Umberto dal 15 al 25 marzo).

Ai due successi ormai consolidati firmati Angelo Savelli quest’anno la compagnia di Rifredi ha aggiunto il testo di Coraly Zahonero, autrice e attrice della Comédie Française, Grisélidis, memorie di una prostituta.

Un testo che l’autrice ha costruito sulle memorie e le interviste della prostituta franco-svizzera Grisélidis Réal che visse la sua “professione” come un’arte, costruendoci sopra una poetica che riversò in libri, quadri e nella sua attività militante a favore dei diritti delle prostitute.

Lo spettacolo ha ricevuto un’accoglienza straordinaria in Francia e arriva nel nostro Paese al Teatro di Rifredi dal 25 al 27 gennaio dopo essere andato in scena a Vicenza nel dicembre scorso.

Serra Yilmaz regala una interpretazione sentita, calandosi nella parte e portando in scena oltre al testo il suo impegno di intellettuale e di donna mostrandoci questa prostituta rivoluzionaria, l’approccio dei maschi, la poesia che si può trovare anche nel “mestiere”, senza però mai idealizzarlo. Una presenza scenica cruda, diretta, sottolineata dalle musiche eseguite in scena da Stefano Cocco Cantini.

Uno spettacolo che in tempi di regressione del discorso pubblico e privato sul corpo delle donne lo rimette al centro insieme alla sua dignità e alla sua libertà da (ri)conquistare.

Articolo uscito sabato 20 gennaio 2018 su Cultura Commestibile n. 246

Teatro che ride!

Da stasera parte InFortezza, la prima festa estiva “privata” che si tiene dentro le mura della fortezza da basso.

Il modello è quello delle vecchie fese de l’Unità provinciali degli scorsi anni, però senza l’unità e quindi senza la politica. Quella tornerà alla grande a settembre con la prima festa nazionale del PD, proprio qui a Firenze.

Per ora però c’è questo evento in cui noi, come Compagnia del Pepe, proviamo a fare un po’ di teatro, soprattuto cabaret e comicità.

E’ un bell’impegno, anche economico. Sono 24 giorni di festa, dall’11 luglio al 3 agosto e contiamo di non rimetterci grazie alla gestione di un bar all’interno dello spazio.

Spero quindi che molti di voi ci vengano a trovare. Il pomeriggio dal lunedì al venerdì la Fondazione Collodi porterà Pinocchio in Fortezza per i più piccoli, mentre il fine settimana spazio lettura con massaggi shatzu per i più grandi. La sera grande comicità con Carlo Monni (torna con Maiali Bradi il suo primo successo in esclusiva per noi), Andrea Muzzi, Lisetta Luchini e tanti tanti altri.

Qui sotto metto il programma se siete interessati. Spero di vedervi in tanti.

programma-teatro-che-ride.pdf