Non ho mai conosciuto davvero Pietro Mirabelli, il minatore morto ieri in Svizzera e che fu responsabile della sicurezza nei cantieri della TAV a Barberino. Ho avuto la fortuna di parlare con lui una sola volta. Ho però conosciuto Pietro dalle pagine di Simona Baldanzi (Figlia di una vestaglia blu, Fazie Editore) e dalle parole della riduzione teatrale che di quel libro ha fatto il mio amico Andrea Bruno Savelli. Il “mio” Pietro aveva la faccia e la pronuncia di Fulvio Cauteruccio che lo interpretava, ma pur sempre “sue” erano le parole che pronunciava. Alcune in particolare mi colpiscono oggi, quelle in cui Pietro raccontava di come lui e la sua gente, quasi un intero paese giù in Calabria, avesse scavato gallerie in tutto il mondo. E infatti Pietro è andato a morire in Svizzera. Parole che suonano uguali a quelle del minatore raccontato da David Van de Sfroos in Pica!, pezzo dedicato proprio a questi lavoratori dimenticati e oscuri come le gallerie che scavano.E allora capisci che non c’è sud e non c’è nord quando devi faticare e vivere lontano da casa, senza sicurezza sia fisica, che economica. Estraneo e lontano. C’è solo la speranza della lotta per migliorare la tua condizione, per farti conoscere e per farti sentire accettato e apprezzato.
Pietro aveva due sogni, quello di una statua dedicata ai suoi compagni morti sul lavoro da erigere nel suo Paese e quello che quelle morti si arrestassero. Il primo sogno lo ha avverato, il secondo, purtroppo, no. E oggi quella statua da lui voluta è diventata un monumento anche a lui.