Mi arriva una mail da una casa editrice fiorentina che dovrebbe invogliarmi a comprare e leggere un romanzo di un autore da loro pubblicato. La mail annuncia trionfante che il libro è riuscito a entrare tra i finalisti del premio Roma. Premesso che l’esistenza dello stesso premio mi era ignota, ignoto era anche (per la mia ignoranza) Sergio Campailla presidente della giuria del prestigioso premio. Ora però, grazie a questa mail apprendo che il presidente ha definito il romanzo oggetto dell’annuncio pubblicitario: “Poderoso, impegnativo ma leggibile”.
Ora mi dico, ma era proprio necessario quel “ma leggibile”? Capisco che probabilmente il premio Roma non ha ancora adeguato la propria retorica al nuovo corso dell’urbe capitolina e nel riecheggiare il “ma anche” del precedente sindaco si trovi l’eco di quel modello roma tristemente annegato grazie ad Alemanno ma soprattutto a Rutelli. Ma a me quel “ma leggibile” fa venir voglia di farci di tutto con quel romanzo tranne che leggerlo o comprarlo. Un libro poderoso e impegnativo dev’essere per forza scritto in modo pesante? Incapace di trovare nella leggerezza dello stile l’eventuale contrappunto della pesantezza dei contenuti o della storia narrata?
Ma soprattutto l’addetto stampa della casa editrice doveva proprio usare questa recensione per aprire il suo comunicato stampa e, non pago di ciò, farne anche il titolo?