Pippo Callipo è un imprenditore calabrese famoso per il suo tonno ma anche per essere uno dei simboli della Calabria che non si piega alla ‘ndrangheta e che riesce comunque ad avere successo.
Una bella figura indubbiamente e, come spesso capita, un simbolo che a un certo punto viene chiamato/sente il bisogno di portare la sua esperienza nella cosa pubblica. E’ accaduto altre volte, talvolta bene, talvolta male.
Callipo dunque non è nè il primo nè scommettiamo l’ultimo imprenditore che, ad un certo punto, si candida a governare una regione. Lo fa appoggiato da una coalizione piuttosto eterogenea che tiene dentro Italia dei Valori e Radicali e, si dice, una bella parte di scontenti del PD (tanto che il vincitore delle primarie calabresi del PD, Loiero, gli aveva subito offerto la vicepresidenza). Ma quale che sia la sua sorte elettorale Pippo Callipo è in campagna elettorale e, si sa, le campagne elettorali costano.
Quello dei costi della politica è un tema annoso, spesso trattato con superficialità e populismo, perso tra troppe leggi non chiare e un modo di fare, diciamo, piuttosto casual di tutti i soggetti implicati. Insomma per capirci la rendicontazione delle spesse è spesso una formalità a fronte di un “sommerso” enorme e , sia per mancanza di adeguate detrazioni fiscali sia perchè in Italia la pubblicità non piace, le contribuzioni alle campagne elettorali restano quasi sempre sconosciute.
Un tema serio in cui pochi, spesso i radicali, provano a fare qualcosa di concreto, per esempio l’anagrafe dei compensi degli amministratori pubblici.
Insomma in questo guazzabuglio il buon Callipo se ne esce con l’affermazione che la sua campagna elettorale sarà interamente finanziata da sè medesimo. E, in un intervista questa mattina, prevede una spesa di 300.000 Euro per la sua campagna.
Callipo giustifica questa scelta dicendo che in questo modo sarà più libero e non avrà pressioni né “doveri di riconoscenza” verso chi lo ha finanziato. E fin qui tutti, di primo acchito, abbiamo pensato che, in una terra collosa come la Calabria, questo non possa che essere un bene. Ma poi, se ci fermiamo a riflettere ci appare subito un’enorme mostruosità.
Cioè, se il modello Callipo fosse l’unico modo di poter far politica onestamente e liberamente, l’accessibilità alle cariche pubbliche sarebbe appannaggio solo di un parte minima (direi infinitesimale) della popolazione italiana, cioè di quelli che possono permettersi di “far transitare dal proprio conto corrente a quello del comitato elettorale” (il virgolettato è di Callipo) 300.000 € senza alcun problema.
E gli altri? per esclusione sarebbero tutti dei mafiosi o dei prestanome di questi ultimi.
La differenza tra il populismo e la democrazia liberale sta tutta qui. I primi ammantano di democrazia una progressiva limitazione delle libertà effettive, reali, della popolazione; i secondi immaginano regole chiare e comportamenti trasparenti che fanno sì, attraverso la pubblicità, che se qualcuno riceva un contributo da qualcun’altro lo dichiari, lo esponga al giudizio e sia libero non per proprie risorse ma perchè la forza della collettività e del “sistema” lo rendono libero.