Dal Nuovo Corriere di Firenze del 29 marzo 2012.
Di fronte ad una direzione nazionale del PD che segna una ritrovata unanimità sui temi della riforma del mercato del lavoro, i commentatori, non potendosi attaccare (per una volta) ai distinguo delle molte anime del partito, hanno scelto di commentare l’apparente controsenso di una direzione a porte chiuse per la stampa ma commentata in tempo reale da molti esponenti sui social media, twitter su tutti.
Così abbiamo avuto pezzi di colore, peana sull’importanza della riservatezza e persino una protesta dei giornalisti contro twitter colpevole, secondo Maria Teresa Meli, di “rubare” il lavoro alla categoria. Qualcuno ha fatto notare alla Meli che la sua sembrava la protesta dei portieri contro il citofono e che ci dovrebbe essere qualche differenza tra il lavoro di analisi di un notista politico e il rimettere in pagina i cinguettii da 140 caratteri digitati da incontinenti esponenti politici.
Ma si sa, dall’invenzione del copia e incolla il mestiere del cronista si è molto semplificato a scapito, troppo spesso, della qualità e della diversità.
C’è poi Giuliano Ferrara che su il Foglio di ieri riscopre il centralismo democratico della gioventù e propone ai democratici di requisire all’ingresso della Direzione telefonini, computer, tablet e altri ammennicoli in grado di comunicare all’esterno.
Ce ne fosse uno, tra commentatori e esponenti politici,ad esclusione dei radicali da sempre impegnati nella battaglia per la trasparenza e che da sempre trasmettono in audio su Radio Radicale e su internet le proprie riunioni anche le più difficili, che proponesse l’esatto contrario e cioè la diretta (fisica, streaming, televisiva, a segnali di fumo, …) delle Direzioni. Cioè ci fosse qualcuno che, di fronte all’impossibilità tecnica di impedire la diffusione delle notizie, proponesse di essere più trasparente ancora. Di rendere aperte le porte (inefficacemente) chiuse.
Si dirà della riservatezza. Per esperienza so che quello che si vuole tenere riservato difficilmente sopravvive alla condivisione di un numero di persone superiore ad uno e che comunque esistono luoghi e momenti al lato della discussione che riservati sono e rimangono aldilà della tecnologia, semplicemente perché è l’interesse degli attori a rendere “sicura” la conversazione. Per il resto ben venga la discussione aperta e senza mediazioni.