L’internet delle origini era un paradiso fatto di libertà, utopia, nessun cancello o linea invalicabile. Le regole erano minime e più che altro rappresentavano i limiti tecnologici della piattaforma e della sua programmazione.
Cosa è andato storto da allora? Secondo Andrew Marantz questa tecno-utopia è stata rapita dalle mani dei suoi creatori, in particolare da dopo la nascita dei social network, ed è finita nelle mani di attivisti, troll, creatori di meme, sdoganatori di nefandezze culturali e politiche ed un (ex) Presidente degli Stati Uniti.
Un rapimento lungamente negato dai guri dei social che armati di serietà esteriore e sogni ben mascherati di dominio del mondo, da buoni geni digitali, hanno promesso che le loro creazioni si sarebbero tradotte nel migliore dei mondi possibili. Marantz scrive in Antisocial, volume non tradotto in Italia: “Quando pressati, le loro visioni tendevano a un confuso utopismo: si aspettavano di collegare le persone, di avvicinarci tutti, per rendere il mondo un posto migliore“.
E di fare montagne di soldi, aggiungo io. Perché sotto questo versante il libro di Marantz è un po’ troppo indulgente sul fatto che questa montagna di odio, riversata sulle piattaforme social, creava interazioni e ricchezza. E probabilmente ancora ne crea visto l’acquisto, non si capisce se concluso o meno, di twitter da parte di Elon Musk.
Tuttavia, tornando a Marantz, questi dipinge i tecnoutopisti come dei Candide nerd, che non avevano pensato all’impatto e alle conseguenze delle loro scelte. Di conseguenza hanno finito per creare l’inferno che quotidianamente va in scena ogni giorno sui principali social non soltanto americani.
Marantz analizza, per esempio, il caso di Reddit, social poco frequentato qui noi ma enormemente utilizzato negli Stati Uniti, una specie di forum online lanciato con lo slogan “libertà dalla stampa” ed una ferma filosofia di discorsi non filtrati. Tirato su secondo la filosofia dei suoi fondatori “nessun editore, le persone sono gli editori”, sfortunatamente non ha mai preso in considerazione chi avrebbe attirato e, pur non aspettandosi l’esercito di “soggetti marginali” che si sarebbe riversato al suo interno, l’assenza di ogni qual si voglia filtro è stata troppo ghiotta per nichilisti, nazionalisti di destra, cospirazionisti, suprematisti bianchi, nazisti e ogni alta sorta di persona “bandita” dai normali canali. Tutti soggetti che han ben presto capito che il loro scopo principale non doveva essere quello di “convincere” delle proprie tesi gli altri, ma di declassare il discorso pubblico in modo da aggredire e corrompere il sistema complessivo della comunicazione.
Quindi, sempre più consapevolmente, di social in social i fanatici hanno costruito una macchina del caos che ha dato vita, spesso con meme e sarcasmo, ad un universo di sadismo socialmente accettabile, aprendo ogni giorno un po’ più in là la finestra di Overton.
Marantz, cronista del New Yorker, in questo mondo ci si è immerso per anni, condividendo con questi “imbonitori 2.0” anche gli spazi di socialità familiare, mostrandone le contraddizioni e l’assoluta “normalità” di ospiti o genitori, nel mentre magari postano un meme inneggianti alle camere a gas.
Vere e proprie celebrità del web, che dal racconto dell’autore non paiono avere in mente veri e propri obiettivi politici se non quello di seminare il caos, devastare e nel mentre guadagnare soldi e posizioni di prestigio.
Un esercito ben presto risucchiato (o arruolato) nella campagna, vincente, di Trump che di questo humus si è sia cibato sia ha fornito loro fertilizzante.
Il libro infatti parte proprio da uno dei balli di festeggiamento dell’elezione di Trump, il deplora ball una specie di bar di guerre stellari di nazisti, suprematisti bianchi, omofobi, machisti tutti insieme per festeggiare la nuova era.
Tuttavia l’elezione di Trump ha simboleggiato anche, per questo mondo, un punto di svolta. Perché quando la loro retorica è stata amplificata dal capo dell’occidente libero, quando le loro fabbriche di false notizie, complotti, meme razzisti, sono diventati “mainstream”, le parole hanno cominciato a diventare raduni, i raduni violenze, i bersagli reali fino a che a Charlottesville c’è scappato il morto.
L’ottimismo dei creatori dei social media è stato oscurato dal cinismo della propaganda feroce vomitata sulle loro piattaforme.
Da quando il libro è stato pubblicato, 2019, il dibattito sulla regolamentazione dei social è diventato un tema reale. Le piattaforme hanno iniziato, timidamente, a mettere in atto filtri, azioni di controllo, verifiche. Fino a veri e propri ban compreso quello di Trump da twitter dopo i fatti del Campidoglio.
Molta è la strada, tuttavia ancora da fare, e sono sempre possibili ritorni al passato. Eppure la regolamentazione del discorso pubblico sulle piattaforme social è e sarà il tema delle nostre società. Indubbiamente la rete rappresenta un enorme veicolo di libertà, e non è un caso se le dittature, come primo atto mettono filtri o a tacere questi strumenti, tuttavia lasciare liberi i troll di scorrazzare nelle praterie dei social non è meno pericoloso della brutale repressione.
L’Europa, a differenza degli Stati Uniti, ha imposto una serie di regole normative di responsabilità alle piattaforme, iniziando a considerarle degli editori, ma la mole di dati e post è tale che è impossibile per un soggetto terzo controllare davvero tutto quello che passa sulla rete. Il punto, forse, sarebbe il ritorno all’utopia delle origini, l’algoritmo pubblico, in modo che possa essere la stessa rete a controllare se stessa, solo allora si potrebbe completare la rivincita dei nerd sui bulli.
Andrew Marantz, Antisocial. Online extremists,techno-utopians, and the hijacking of the american conversa
Articolo apparso su Cultura Commestibile n. 451 del 11 giugno 2022