Sono andato a vedere la mostra di Massimo Listri – Firenze Kyiv andata e ritorno (Sala d’arme di Palazzo Vecchio fino all’8 marzo) – mentre leggevo Diario di un’invasione di Andrei Kurkov (Keller editore) e l’effetto stereofonico di immagini e libro mi è rimbombato dentro in modo nettissimo.
Partiamo dalla mostra. Listri ha fotografato Kyev in guerra ma le immagini che troverete visitando la mostra sono ben diverse da quelle che potreste aspettarvi da un teatro bellico. Listri fotografa bellezze, artistiche e architettoniche. Le sue sono immagini colorate, che riportano il gusto un bel po’ barocco dell’architettura pubblica presovietica, delle chieste ortodosse. Ma anche il brutalismo sovietico, come nel caso della biblioteca nazionale di Kiev, abbellito da una pittura muraria anch’essa coloratissima al pari delle vetrate delle cattedrali. Qua e là, nelle foto, la guerra però appare. Sotto forma di sacchi di sabbia, per esempio, nella foto della scala d’onore del palazzo presidenziale.
Ai miei occhi Listri fotografa quello che non vorremmo perdere, quello che stiamo difendendo e che dovremmo difendere. Un punto di vista capovolto rispetto alle di distruzione, sventramento e tragedia che siamo soliti associare alle foto scattate in zone di conflitto. Non il bello che ci salverà ma quello da salvare. L’effetto è amplificato (come le videoproiezioni immense alle pareti della Sala d’Arme) dal luogo in cui siamo. Lo nota mio figlio. Il contrasto dei palazzi del potere ucraini minacciati e il luogo del “potere” della mia città, che non avrei mai immaginato, fino a due anni fa, potesse essere minacciato da una guerra; mentre oggi il pensiero, con annesso brivido, mi prende.
Veniamo quindi al libro. Sono le note che lo scrittore ucraino, di doppio passaporto inglese, ha redatto appena prima e subito dopo l’invasione russa del 24 febbraio 2022. Note in cui la guerra, prima minacciata, poi reale, irrompe in una quotidianità così simile alla nostra: la polemica, proprio nel febbraio del 2022, sulla riforma dei menù delle mense scolastiche, mentre centinaia di migliaia di russi incombono alle frontiere; i gruppi facebook sulla birra che arriva nella bottega del Paese, dove l’autore ha una casa di campagna, mentre lui è sfollato al confine occidentale del Paese e i razzi russi devastano larga parte della nazione.
Come si può vivere sotto un’invasione, con le bombe che fischiano, con la paura per sé e per i suoi cari. Come possiamo immaginare, anche qui, l’inimmaginabile per noi almeno fino a quel febbraio di 2 anni fa.
Ma anche domandarsi come si farà a ridurre tutto l’odio che da allora si è creato, cosa potrà essere, quando sarà, la pace.
La guerra in Ucraina, non è più speciale o più importante di altre, ma forse è la più “trasferibile” per noi (di sicuro per me), per la similitudine di luoghi e situazioni. Questo dovrebbe forse spingerci a capire il senso di minaccia che si porta dietro e il senso di un impegno a difesa di Kyiv da un lato e dall’altro lato, dovrebbe consentirci di trasportare questa urgenza anche sugli altri conflitti in corso, a partire da quello mediorientale, per annullare, almeno, l’indifferenza.
Articolo apparso sul CulturaCommestibile n.521 del 17 febbraio 2024