Sul Corriere di Firenze di oggi c’è un articolino curioso. Parla delle proteste degli abitanti di via Montughi.
Via Montughi è una piccola via (ma piccola davvero) tra via Vittorio Emanuele e via Bolognese. Per molti fiorentini quel sistema di stradine sopra careggi e la Bolognese rappresenta da sempre la circonvallazione nord della città. Chi qui è nato sa benissimo che si tratta di viottoli larghi più o meno quanto un utilitaria, talvolta a doppio senso che necessitano occhio, pazienza e capacità di fare lunghi tratti in retromarcia se si incontra qualcuno nei tanti punti in cui non è possibile scambiarsi.
Molti giovani neopatentati (anche chi scrive quando tanto tempo fa lo era) hanno reso felici generazioni di carrozieri sverniciando le fiancate delle proprie auto coi muretti a secco la cui abrasività è notoriamente altissima. I fortunati residenti hanno sempre assistito pazienti a questo “modesto” traffico. Almeno sino ad ora.
Da qualche tempo infatti quelle strade non sono più patrimonio per iniziati ma, grazie allo sviluppo e alla diffusione dei sistemi di navigazione satellitare, vengono sempre più “consigliate” come tragitto alternativo per chiunque. Anche per camionisti e proprietari di grosse auto che finiscono così letteralmente incastrati.
Non è un fenomeno solo fiorentino. In molte altre città aumentano i casi di incastri, incidenti e viabilità vicinali trasformati in succursali e deviazioni autostradali.
Il problema non riguarda solo queste strade alternative. I software di navigazione sono tutti completamente slegati dalla pianificazione della mobilità delle città. Sono dunque lasciati alla libera iniziativa delle ditte produttrici, che inseriscono punti di interesse, viabilità alternative, parcheggi di struttura, secondo criteri propri (diversi da prodotto a prodotto) e non quelli dell’amministrazione pubblica che dovrebbe governare la mobilità.
Insomma le società che producono gps stanno divendando anch’esse un soggetto della mobilità delle nostre città. Forse è il caso di rendersene conto e instaurare con loro qualche forma di relazione da parte delle amministrazioni comunali, dai semplici contatti a vere e proprie collaborazioni come già si fa con le categorie economiche o le società di trasporti.
Se ci si riuscisse forse non troveremmo più nessun camionista polacco incastrato in via Montughi che maledice una voce femminile che, dal gps, gli ordina di “tornare indietro quando potete”.