Da il Nuovo Corriere di Firenze del 10 febbraio 2010
Non ha dato interviste sul tema. Non è apparso in tutti i talkshow e non ha riempito una vecchia stazione di Varese, ma zitto zitto Tremonti, insieme a Calderoli, pare aver impostato una rottamazione della classe politica che, se arriverà in porto, rimescolerà e di parecchio le carte della politica italiana. Parliamo del settimo decreto attuativo del cosiddetto federalismo. Le cronache poco si sono soffermate su questo testo di 18 articoli pesanti come macigni. Cosa dice in sintesi questo decreto? Che gli amministratori pubblici dovranno rispondere dei loro bilanci e che in caso di “fallimento” ne pagheranno le conseguenze non potendosi più candidare al ruolo ricoperto e, in casi di gravi violazioni, a qualsiasi carica politica italiana o europea.
Sei il governatore di una regione e la tua sanità perde a bocca di barile? Non c’è narrazione che tenga, nel progetto tremontiano il presidente del consiglio non lo puoi fare. E questo vale anche per sindaci e presidenti di provincia, ineleggibili fino a 10 anni. Ma il meccanismo non si arresta agli amministratori, incentiva anche i partiti a scegliere amministratori capaci, pena una decurtazione fino al 30% del contributo elettorale percepito.
Naturalmente siamo ancora alla prima proposta del governo, maggioranza e opposizione non mancheranno di provare a modificare profondamente il testo approvato dal consiglio dei ministri nel novembre scorso, mentre l’Anci ha già dichiarato il suo no definendo il testo incostituzionale.
Tuttavia quella tremontiana appare una rivoluzione non c’è che dire e come tutte le rivoluzioni troverà sulla strada nemici in tutti gli schieramenti e forse, oggi, è una delle poste maggiori sul piatto della possibile fine anticipata della legislatura.