Andiamo a ripresentare Dentro Firenze

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Il 22 gennaio, giovedì prossimo, ripresentiamo Dentro Firenze, il volume che come Cultura Commestibile abbiamo realizzato, alla libreria IBS di Firenze in via de’ Cerretani 16R alle ore 18.00, insieme a me ci saranno Francesco Ventura, docente alla facoltà di Architettura di Firenze e Olga Mugnaini, giornalista de La Nazione, che in queste settimane, proprio a partire dal nostro libro, ha ripreso un dibattito sulle realizzazioni (e le non realizzazioni) a Firenze sul suo quotidiano.

Il volume, edito da Maschietto editore, parte dagli articoli apparsi a firma John Stammer sulle colonne di CulturaCommestibile.com in questi mesi, dedicati agli edifici e agli interventi che hanno caratterizzato la vita urbanistica della città.  Il libro è poi arricchito di interviste esclusive ai grandi architetti che a Firenze hanno lavorato, da Foster a Desideri, da Natalini a Isola.

Per chi non avesse ancora il libro e lo volesse acquistare ad un prezzo speciale, basta inviare una mail a michele@morrocchi.it

 

Cento di questi numeri

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Sabato prossimo esce, in edizione digitale, il numero 100 di Cultura Commestibile che, con i 67 numeri usciti insieme al Nuovo Corriere di Firenze in edizione cartacea, rappresenta diversi anni di nostro impegno a raccontare e riflettere cosa sia la cultura oggi, come questa possa essere alimento per lo spirito e per il portafogli.

100 numeri a cui tanti amici hanno collaborato insieme a grandi e grandissimi protagonisti della cultura locale e mondiale. Oltre quindi ad un numero speciale con tante riflessioni su cosa sia cultura oggi, ci piacerebbe festeggiare il numero 100 insieme agli amici e ai collaboratori sabato 22 novembre a partire dalle ore 17 presso Sensus in viale Gransci 42 A a Firenze.

Vi aspettiamo!

 

Tagli in salsa belga

20140112153933!Tintin-mainCastDopo essere arrivato in ottobre alla creazione di un governo (impresa più complessa che da noi, dunque ai limiti dell’impossibile) a guida liberale, il Belgio ha annunciato una serie di tagli alla cultura da far tremare i polsi. Il tagli prevedono una riduzione del 20% sulle spese di funzionamento delle grandi istituzioni culturali federali (teatri, musei, istituti di ricerca) entro la fine del 2014 e poi un 2% annuo di riduzione sino al 2019. Le spese per il personale invece una riduzione del 4% annuo nel medesimo periodo.

Tagli che, di fatto, potrebbero portare alla scomparsa della cultura “nazionale” in Belgio, lasciando alle sole regioni (Vallonia francofona e Fiandre fiamminghe) la produzione e la cura dei beni culturali. Regioni che, c’è da aggiungere, hanno comunque già tagliato i propri budget in questi anni.

Il ministro della ricerca afferma candidamente su Le soir, quotidiano francofono di Liegi, che i musei resteranno chiusi almeno un paio di giorni alla settimana; i sindacati, gli operatori culturali intanto sono in rivolta. Oltre alle cifre c’è poi il metodo: nessuna concertazione, nessun dialogo. Solo annunci di tagli draconiani. In più nessun ragionamento su cosa debba e possa essere la cultura in un Paese, piccolo e fragile, come il Belgio. Nessun ragionamento di lungo periodo, nessuna volontà di mostrare quale futuro si verrà a creare così.

Il Belgio è un paese diviso in due comunità regionali con lingue e culture diverse ma soprattutto due economie profondamente divise. Ricca e in ripresa la parte fiamminga, povera e in recessione quella francese. I tagli alla cultura federale aumenteranno il divario, separando ancora di più le due parti del paese e, di fatto, venendo meno al compito principale di uno Stato federale: quello di tenere insieme le entità federate.

Esiste dunque nel cuore dell’Europa un modello di sviluppo che, nonostante la retorica della cultura come volano dello sviluppo, agisce proprio sui tagli alla cultura per ottenere momentanei sollievi economici che comprometteranno le generazioni future, renderanno più fragile ed ostile la comunità e aumenteranno le differenze socioeconomiche dei cittadini.

Un modello che potrebbe essere facilmente esportabile in altre nazioni, magari infilando qualche apertura al mercato e l’immancabile riferimento al petrolio culturale.

Articolo apparso sul numero 97 di CulturaCommestibile.com del 1 novembre 2014.

Libertà di ricerca e organizzazione della cultura.

Locandina Firenze.pagesIl primo passo da fare quando si parla di libertà di ricerca e di organizzazione della cultura è di inquadrare i termini della questione nel contesto storico-culturale che le è proprio. È la condizione preliminare per avere l’alfabeto necessario a interpretare le forme e i linguaggi attraverso cui i poteri costituiti hanno esercitato ed esercitano la loro forza di coercizione sulle istituzioni culturali. In questo saggio Nicola Capone soddisfa tali condizioni. L’autore dimostra che “come la fine delle Università medioevali fu segnata dal prevalere del dogmatismo”, allo stesso modo la fine dell’Università moderna è stata segnata dalla perdita dell’indipendenza della ricerca unitamente alla crescente specializzazione in nome dei “valori” del mercato. Come ha reagito il mondo della cultura e della scienza dinanzi a questa perdita di autonomia? Tranne rare eccezioni, coraggiosi tentativi solitari, la “cultura ufficiale” ha accettato tutto ciò come una sorta di destino ineluttabile.

Il prossimo 5 maggio alla caffetteria delle Oblate alle ore 17,00 verrà presentato il volume di Nicola CaponeLibertà di ricerca e organizazzione della cultura“, insieme all’autore ne parleranno Tomaso Montanari, storico dell’arte, Michele Morrocchi, Cultura Commestibile, Roberto Passini, il Ponte, Paolo Solimeno, Giuristi Democratici.

“Sostegno al Maggio, sacrificio necessario amministrazione per far fronte a tagli governo”

Di seguito la sintesi del mio intervento lunedì scorso in consiglio comunale sui temi del Maggio Musicale Fiorentino.

“Il taglio dei finanziamenti al Fondo unico per lo spettacolo dimostrano, al di là di ogni possibile dubbio, come il modello di governo del centro-destra consideri la parola di un ministro come carta straccia. Un cambio di maggioranza è sufficiente per ignorare il principio democratico della continuità amministrativa  e con la decisione, comunicata tardivamente e dopo tante promesse non rispettate, di tagliare 11 milioni di euro si è messo in ginocchio il Maggio Musicale Fiorentino, quando si è ben coscienti che la programmazione dei teatri deve essere fatta con 2 o 3 anni di anticipo se si vuole puntare all’eccellenza”.
Michele Morrocchi, consigliere del PD in Palazzo Vecchio, è intervenuto nel dibattito consiliare per sostenere la decisione dell’amministrazione di trasferire alla Fondazione Maggio Musicale Fiorentino il Teatro Goldoni e la sala prove delle Cascine.

“Affermare, con tono di accusa, come fa la destra, che la prima voce di spesa del Maggio è quella relativa al personale, suona come una chiara banalità, a meno che non si vogliano far suonare i muri e far cantare le porte. Dietro la loro opposizione c’è solo la volontà di non investire su questa eccellenza e di considerare la cultura come un inutile accessorio. La maggioranza che governa Palazzo Vecchio, invece, ha una sensibilità diversa per la cultura, come dimostra il sacrificio del Goldoni e della Sala prove delle Cascine per sostenere l’attività del Maggio. Un’attività caratterizzata dalla qualità, nonostante i tagli, e dalla volontà di ricercare nuovo pubblico e nuove offerte culturali e lirico-sinfoniche”


Dante e il consiglio comunale

Enrico Bosi è un signore mite ed educato. E’ un collega consigliere del centro destra, provenienza Forza Italia; sempre compito, sempre elegante, certamente colto ed innamorato della sua città. E’ però innamorato di una città che non c’è più, o forse non è mai esistita. Una città tardo ottocentesca, coi suoi caffè, le riviste letterarie, e lo scappellarsi dinanzi al re, ringraziandolo per averci fatto capitale. La Firenze dei signorotti e dei borghesi, amanti della vita e dei suoi piaceri. Eccolo però imprigionato nel nostro tempo, nella caotica quotidianità di una Firenze invasa dai turisti e dalla calca. Però contro questi non si può andare, perché la Firenze un po’ bottegaia e attenta al money degli stranieri è anche quella che lo elegge. Dunque da uomo di lettere si immerge nel passato e ogni tanto esce con una proposta delle sue.

Lo ha fatto con la statua di Vittorio Emanuele in piazza della Repubblica lo fa oggi chiedendo al consiglio comunale di riabilitare Dante Alighieri, revocando l’editto di esilio che, nel 1302, lo cacciò da Firenze.

Come penso si sia capito dal tono di questo post a me Enrico Bosi sta simpatico. Per questo quando propose di posizionare la statua di Vittorio Emanuele in piazza della Repubblica, gli risposi proponendo sì una statua ma quella di Sandro Pertini per rendere omaggio alla Repubblica che a quella piazza porge il nome.

Oggi però non posso non pensare che quella di Bosi sia una proposta inutile e sbagliata. Inutile perché non ha senso, amministrativo, politico, culturale, revocare atti del 1302 da parte del Comune di Firenze. Non ha senso perché non c’è la continuità politica e istituzionale con quella Repubblica Fiorentina, sbagliata politicamente perché da’ un idea della politica come attenta a cose inutili e disattenta dei bisogni dei cittadini. Sbagliata perché fa perdere tempo alle commissioni, al consiglio e alla giunta su una cosa che non ha nemmeno valore simbolico visto che, Padre Dante, è tornato grazie anche alle letture di Benigni (organizzate dal comune di Firenze tra l’altro) ad essere un autore di successo.

Dante è già un padre della patria, la sua statua di marmo orna da lungo tempo piazza S.Croce da cui “mira dall’alto l’immane casino”, le sue spoglie sono state traslate nella sua città a ricomporre l’esilio (agli esiliati infatti non era nemmeno concessa la sepoltura). Riletto politicamente, il fascismo ne fece uno dei simboli del regime e identificò in Mussolini il velcro che avrebbe salvato il Paese, studiato acriticamente, rappresentato spesso e volentieri senza criterio e gusto, ha oggi invece le potenzialità per rimanere il padre della letteratura italiana e uno dei padri di quella europea e basta.

Non esiste motivo per cancellare dunque un atto revocato già dalla storia e dalla grandezza del poeta. Esistono invece i presupposti per studiare Dante, difenderne la memoria e l’arte, salvare la società dantesca come il consiglio e il comune stanno tentando di fare in questi mesi.

E l’amico Bosi che potrebbe fare? Magari spiegare a quella Firenze che si inquieta e protesta per Benigni in S.Croce che lì si riabilita, davvero, il sommo poeta.