Perchè Renzi ha già vinto il congresso PD

Dal Nuovo Corriere di Firenze di oggi.

E’ probabile che alla fine i candidati appoggiati da Renzi prevarranno, ma anche se così non fosse il sindaco, il congresso del PD lo ha già vinto. Per (molti) suoi meriti e per (molti) demeriti dei suoi avversari.

Intanto Renzi in questo anno e mezzo ha fatto il sindaco e mai il segretario di partito, a differenza del suo predecessore. Non ha messo bocca nelle vicende del PD fiorentino e poco anche in quelle del gruppo consiliare, ha conservato il suo ottimo rapporto coi cittadini, ha mantenuto consenso personale e ha occupato la scena della politica amministrando e facendo operazioni di comunicazione e di costruzione del consenso perfette come i 100 luoghi. Non occupando la scena del partito è riuscito ad occuparne il campo, a surrogarne i compiti e ad essere oggi lui l’unico soggetto politico.

Accanto a ciò ha ridimensionato o ammansito i suoi vecchi oppositori ed adesso lascia loro la (possibile) partita per le candidature alle prossime politiche. Un potere non piccolo direte? Una partita che Renzi, però, non ha bisogno di giocare. Il suo potere all’interno del PD non passa da qui. La partita di Renzi è ormai una partita romana, ha saputo diventare un leader nazionale e i suoi interlocutori sono Veltroni, D’Alema e Bersani non certo i loro luogotenenti locali.

Infine ha, anche qui per molti demeriti altrui, pressoché annullato la componente pistelliana approfittando della lontananza di Lapo, della frammentazione dei suoi simpatizzanti e della mancanza di leader possibili per capacità e autorevolezza riconosciuta. Risultato? La scomparsa di una componente organizzata che, sulla carta, poteva essere la vera “opposizione” interna.

Se questi i meriti di Renzi, quali i demeriti dei suoi avversari? Uno su tutti, lo sguardo rivolto al passato. Vale per Cioni e i cioniani innanzitutto. In una città che ha tripudiato Renzi in quanto fine del “regime” Domenici, come può apparire credibile l’ “opposizione” di Cioni e di Albini? Per quanto possano essere in buonafede i due rappresentano un sistema di potere che Firenze aveva finito per detestare e che nessuno vorrebbe oggi indietro. Ma lo sguardo al passato è lo stesso che caratterizza il competitor istituzionale Barducci. Per i metodi innanzitutto: caminetti nelle stanze di palazzo, accordi con sindaci e “potentati” locali. Anche i contenuti però non mancano: Barducci è stato per cinque anni il vice di Renzi, senza nulla da ridire né sui modi né sui contenuti.

Analogo discorso vale per i sindaci della Piana, prima hanno atteso la fine di Domenici confidando nella perdita di potere di Firenze per aumentare quello loro di veto. Quando poi si sono trovati davanti il dinamico Matteo non hanno fatto altro che esercitare quel veto. Posizione che forse renderà sul piano amministrativo ma di certo non costruisce egemonia.

Infine il cosiddetto “partito dei circoli”, che pensa di rispondere alla comunicazione in tempo reale di Renzi con documenti della base, assemblee e ritorno alle sezioni come luogo di mediazione degli interessi. Un po’ come dire che una volta inaugurata la TAV debba essere percorsa da locomotive a vapore.

Ecco perchè Renzi ha già vinto, perchè la sua è al momento l’unica chiave di lettura della città contemporanea, e quindi, qualunque sia il risultato dei congressi, lui resterà, se non l’unico e possibile, almeno il prevalente interlocutore dei cittadini nei confronti della politica sul versante PD.

Dunque non esiste alcuna possibilità per chi ha una visione politica diversa, non omogenea a Renzi? No qualcosa potrebbe esserci. Intanto Renzi non è il renzismo, anzi il renzismo non esiste. Renzi è ditta individuale, il suo non è un sistema di potere plurimo. Non che non esista un inner circle renziano di fidati e validi collaboratori, ma questi sono più “tecnici” che “politici”.

Un uomo solo, per quanto bravo e per quanto possa lavorare come Stakanov, resta un uomo solo, soprattutto di fronte ai problemi. Costruire su questo opzioni, non in contrasto, ma in ausilio alla politica del sindaco è uno spazio politico che si potrà aprire. Servono però competenze e idee da offrire, poco spazio per le ambizioni personali e un orizzonte che al momento può apparire lungo.

Altra strada da percorrere è quella di essere più contemporanei di Renzi. Di “sfidarlo” sul suo terreno, essendo capaci di parlare la lingua (avendo naturalmente qualcosa da dire) con la quale Renzi si rivolge ai cittadini. Occupare il suo stesso spazio politico. Non è un problema di anagrafe ma di freschezza mentale. Di riferimenti culturali e politici.

Quest’ultima è una strada ancora più lunga, significa rompere con rassicuranti abitudini e posizioni di rendita, di rimettersi a studiare e di fare sfoggio di umiltà. Di imparare dai propri errori e dalle capacità dell’avversario.

Alla fine però resta l’unico modo per costruirsi come alternativa o come interlocutore vero. Per rappresentare qualcosa di più di sé stessi o al massimo dei propri (pochi) iscritti.

Una moschea a Firenze oggi, mica nel 1523

L’autore del progetto della Moschea di Firenze apparso nei giorni scorsi sui quotidiani, l’architetto David Napolitano, affida anche a Facebook la difesa del suo progetto criticato quasi unanimemente da esperti, colleghi e cittadini comuni. Una critica che faccio mia pensando che quanto visto sia una pessima scopiazzatura di edifici fiorentinti rinascimentali pensata più con l’intento di “mimetizzare” le differenze che altro. Un progetto brutto, senza appello, sia sul piano estetico che su quello del messaggio che vuole inviare, almeno per chi scrive.

Ma il suo progettista non pago di aver messo d’accordo praticamente tutti (favorevoli e contrari alla moschea) sul no a quel copia incolla in salsa finto rinascimentale, prova a difendere il suo lavoro con quattro pagine fitte di citazioni dal Vitruvio Pollone, ai pitagorici, passando per il Corano, Salomone e (come poteva mancare?) Leon Battista Alberti.

Sul suo progetto poche a mio avviso inutili righe finali in cui afferma che il suo progetto si pone nella pienezza della “dottrina” e che “la finalità [dell’]architettura classica non è la novità, ma l’armonia” e poi, commentando la nota, si definisce colui il quale è “capace di riprendere il discorso interrotto a Firenze nel 1523”.

Ora, intanto se quel discorso da circa cinque secoli si è interrotto e l’architettura è andata avanti qualche motivo ci sarà, ma volendo anche riprenderlo per buono, ciò non significa che la ripresa significhi riproposizione tale e quale di quanto già visto e già fatto. L’architetttura oltre che scienza é pure sfida, tecnica e simbolica, è lettura del presente e prefigurazione del futuro. Capacità di sopravvivere alle mode e al momento. La forma di arte più immediata e di consumo generale. Insomma tutta l’architettura è stata contemporanea, anche quella classica e proporre non la rivisitazione, l’omaggio al classico ma la sua palese e manifesta riproposizione è sintomo di vecchiaia intellettuale e del fatto che la conoscenza della dottrina è condizione necessaria per superare l’esame di storia dell’architettura non per progettare, oggi, un edificio così simbolicamente pregnante.

Infine il giudizio sul valore simbolico dell’opera. Una moschea in occidente e di questi tempi è uno degli edifici di più difficile concezione. Deve evitare di essere un simbolo di sfida a un occidente smarrito e impaurito di fronte all’islam ma, a mio parere, deve anche evitare il rischio opposto, quello di essere un’ipocrita e rassicurante copia di quanto a noi noto e conosciuto. Entrambe le scelte finiscono per rendere quel luogo ostile, altro ed estraneo alla città in cui si dovrà collocare. Quale soluzione? Forse quello di ibridarsi, di mescolare concezioni e tecniche. Cercando elementi di comunione (architettonica, simbolica e religiosa) e elementi di rottura, dosando bene entrambi. Mi viene in mente la facciata dell’Institut du Monde Arabe progettato da Jean Nouvel a Parigi, dove centinaia di diaframmi meccanici compongono un disegno di arabeschi.

Insomma gioverebbe, allo sterile e immobile dibattito moschea sì, moschea no; un progetto all’altezza del presente e della sfida posta dalla costruzione di una Moschea a Firenze oggi e non nel 1523.

Dalla parte dei lavoratori (però dipende quali)

Continua la collaborazione tra questo blog e il Nuovo Corriere di Firenze, oggi a pagina 2 trovate questo mio articolo.

La CGIL è il più grande sindacato italiano. Lo è per numero di iscritti, per tradizione, per forza. Nella CGIL la Funzione Pubblica è, insieme ai pensionati, il settore più forte e rilevante. Dunque ciò che avviene al suo interno non è quasi mai casuale e, come dire, definisce una linea d’azione del sindacato, tanto più a Firenze capitale della rossa Toscana.

Ora la Funzione Pubblica di Firenze ha, nei mesi scorsi, sospeso dall’iscrizione un suo militante soltanto perché a questo è arrivato un avviso di garanzia da parte della Procura. Si badi bene il soggetto in questione non è stato sospeso da una qualche carica interna al sindacato, ma dal suo essere semplice iscritto. Di più, l’inchiesta di cui questo lavoratore è oggetto non è nemmeno afferente al suo lavoro. Nessun provvedimento di restrizione della Libertà, nessuna sentenza di alcun grado. Solo un avviso che, la Legge, vorrebbe appunto a garanzia dell’imputato.

Il bello è che la CGIL non ha nel suo statuto alcun riferimento a tale possibilità. Si parla di sospensione e persino di espulsione per coloro i quali hanno sentenze definitive. Invece è chiaro il riferimento, nello statuto sindacale, alla Costituzione Italiana che fa della presunzione di innocenza uno dei cardini della nostra civiltà giuridica.

Invano il povero iscritto ha fatto ricorso ai garanti del Sindacato, i quali si sono rintanati dietro la discrezionalità propria del segretario di categoria che ha firmato l’atto di sospensione.

Insomma il sindacato invece di stare vicino a un lavoratore proprio nel momento in cui questo probabilmente ha più bisogno di aiuto, lo scarica.

Il perché di questo atteggiamento così ostinatamente forcaiolo? Possiamo solo fare un ipotesi forti del vecchio adagio andreottiano che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si da: il lavoratore ha avuto per sorte di essere un politico prima di questa vicenda e di essere finito in questa inchiesta proprio per il suo ruolo.

A me fanno sempre rabbrividire gli adepti del partito della forca e delle manette, che come è noto sono trasversali ai due schieramenti, ma l’idea del sindacato dei giustizialisti, se possibile, me ne fa ancora di più.

Forse non avevo troppo torto.

Quando scrissi, durante le primarie per la scelta del candidato sindaco del PD di Firenze, che lo slogan di Matteo Renzi, Prima Firenze, mi ricordava terribilmente l’America First di McCain e che mi sembrava uno slogan “di destra” (nel senso di una rassicurante chiusura identitaria) suscitai subito ampie critiche da parte degli spin doctor di Matteo.

Oggi, grazie ad Europa, scoprendo il blog di comunicazione politica nomfup vedo che la versione declinata al regionale di Prima Firenze è lo slogan del candidato alla presidenza della Regione Veneto della Lega Nord Zaia chd declina Prima il Veneto proprio come difesa identitaria. Segno che la mia lettura dello slogan era, seppur così non fosse certo nelle intenzioni degli ideatori, possibile e anche piuttosto facile.

(AVVERTENZA: prima che, come mi è successo altre volte, qualcuno si senta offeso, tengo a precisare che dire che uno slogan sembra di destra non significa dire che uno sia di destra o attui necessariamente politiche di destra. Così come scrivere questo post non significa  fare opposizione a chicchessia.)

Altro che “Amici miei”. Qui “Piove sul Bagnato” (dal Nuovo Corriere di Firenze)

Oggi il Nuovo Corriere di Firenze ospita questa mia lettera sul fare cinema a Firenze.

Caro Direttore,

sollecitato dall’insolita apertura del suo giornale di ieri approfitto per esporle brevemente una piccola riflessione sul fare cinema a Firenze. Già perché aldilà della giusta indignazione rispetto al toccare un capolavoro del cinema come amici miei, questa può essere l’occasione per fare il punto di cosa significa fare cinema a Firenze e di come, nonostante nutrano gli stessi dubbi sulla qualità del progetto “artistico” di questo remake, i professionisti del settore lo accolgano comunque come una boccata d’ossigeno per far lavorare attori e cast tecnici.

Già perché in questi anni, soprattutto grazie agli sforzi in questo senso della Toscana Film Commission, si è comunque tornati a girare film in Toscana e a Firenze. Uno sforzo che serve sia per promuovere l’immagine ma anche per far da volano a un’economia che muove molti addetti, tutti qualificati e come dicono gli economisti “ad alto valore aggiunto”.

In questo senso anche il fondo per il cinema della Regione Toscana è una lodevolissima iniziativa che, legando il finanziamento a bandi, permette a chi propone il proprio talento di trovare una strada per realizzarlo.

Eppure produrre e girare un film a Firenze è e rimane un’impresa titanica. Lo dico per esperienza visto che cocciutamente e tenacemente abbiamo voluto produrre, girare e realizzare il nostro primo film “Piove sul Bagnato” qui a Firenze utilizzando cast e tecnici il più possibile fiorentini.

Ma anche nel nostro caso a parte la solita Film Commission, tanti amici tra attori e tecnici, ma solo qualche sporadico operatore la fatica che abbiamo fatto è stata assolutamente incredibile, soprattutto per quanto riguarda la distribuzione nelle sale.

Eppure il dibattito sul futuro delle sale a Firenze, soprattutto quelle del centro storico, riappare ciclicamente e solleva grandi articoli sui giornali. E poi? Poi poco o nulla per quanto riguarda progetti alternativi alla distribuzione dei grandi film col risultato che lo stesso filmone si preferisce comunque andare a vederlo in una multisala con ampio parcheggio piuttosto che in centro. Nessun cinema che propone una programmazione di vecchi film, o film in versione orginale o per l’appunto produzioni locali indipendenti.

Invece io personalmente devo spezzare una lancia a favore delle multisale proprio perché solo una di queste, il Vis Pathè, ha avuto il coraggio di tenere in programmazione un piccolo film indipendente e locale come il nostro per quasi un mese.

Ecco perché credo che servirebbe, nella discussione sui cinema a Firenze, inserire anche i tanti che cinema (e fiction) a Firenze fanno o vorrebbero fare e mettere insieme la Regione che già fa bene, i comuni ma anche gli esercenti e i distributori per consentire agli spettatori anche alternative “locali” al prossimo remake di amici miei.

Michele Morrocchi

Amministratore Diogene Produzioni Cinematografiche

Ciao Meme

restagno

Il 2 dicembre del 2006 ci lasciava Manuele Auzzi. Lasciava, almeno per chi scrive, un vuoto umano incredibile  che non avrei saputo immaginare quando lui era ancora tra noi.

Ho difficoltà a inserirlo in un’unica categoria. Amico, mentore, compagno. Tutto questo e altro ancora che non riguarda le parole dette agli altri.

Una morte improvvisa che ha lasciato un vuoto umano ma anche politico. Un destino incompiuto non solo per Meme ma per la “sua” politica. Tanto che non è stato raro in questi anni ascoltare ex compagni dei DS ( ma anche tanti che ds non furono) sbottare nei momenti più tesi della vita politica della nostra città: “ah se ci fosse stato Meme!”

Ma quel vuoto, quel dolore collettivo, quell’affetto tributato al ricordo di Meme è stato anche il macigno sul quale un intero gruppo dirigente ha nascosto luci e ombre di una stagione politica.

La “mitizzazione” dell’uomo Meme non ha concesso l’analisi anche critica dell’operato politico suo e del suo gruppo dirigente.  Riconosciuto come l’artefice dell’equilibrio di potere che reggeva i DS e il governo della città di Firenze non si sono fatti i conti anche  con gli errori e le conseguenze che quell’equilibrio comportava.

Chi lo ha succeduto ha preferito sopire e spostare altrove (spesso annullare) un dibattito politico necessario al superamento di quell’equilibrio. Con il risultato di arrivare inevitabilmente a deflagrazioni (probabilmente anche salutari) inaspettate e al ridimensionameto cospicuo dell’esperienza dei DS (partito che superava il 30% in città) fiorentini.

Nel mezzo c’è stata la messa ai margini, o oltre, del gruppo dirigente che con Manuele aveva retto, nel bene e nel male, il partito. Un azzeramento ingeneroso perchè non avvenuto sulla base di un dibattito e di un giudizio su quei dirigenti e su quella esperienza.

L’immagine plastica della rimozione della politica di Meme è nella sede che porta il suo nome. Non è solo un problema economico: quello scheletro incompiuto è il monumento a una politica che non serve più agli attuali detentori del potere. Non giudico se sia meglio o peggio così;  mi sarebbe piaciuto discuterne in questi anni. Piuttosto che scannarsi sulle regole delle mille primarie e di elucubrazioni su partiti leggeri e pesanti.

Mi sarebbe piaciuto sapere se l’idea di un partito forte a partire dai luoghi simbolici della sua appartenenza era alternativa o poteva convivere con un partito di accordi segreti (scritti) sulla spartizione di consiglieri  e assessori regionali, perchè ne dava giustificazione politica programmatica. E mi sarebbe piaciuto discutere se quell’estremo tatticismo che era il tratto distintivo di Manuele non avesse ormai segnato il passo di fronte alla crisi profonda della politica e della società anche a Firenze.

Tutto questo non c’è stato, certo per cause esterne (primarie, elezioni, congressi…) ma anche e soprattutto per scarsa volontà dei dirigenti, tra i quali mi metto anch’io, troppo attenti a costruire destini e poco a scrivere una storia collettiva e a fare i conti coi propri errori.

Chissà cosa ci sarà dietro? Nulla.

complotto

Sarà che è settembre e più o meno tutte le attività sono riprese. Sarà che mi è capitato di passare per il mio circolo un paio di volte (complice anche il congresso più bizzarro a memoria d’uomo), ma mi sono trovato a spiegare a un po’ di persone, di nuovo, che non ho più incarichi politici.

Il bello è che l’ho dovuto spiegare anche a qualche affezionato lettore di questo blog (sì stranamente ne esistono) che evidentemente si era perso questo post.

Ma la cosa che mi ha dato fastidio è la diffusa sensazione di incredulità che vedevo sui volti dei miei interlocutori e una sorta di “ma credi di farmi fesso?”. Come se nascondessi chissà che cosa e tramassi nell’ombra in attesa di un mio (?) rientro sulla ribalta.

Allora provo a precisare:

Non faccio più parte di alcun organismo del Partito Democratico essendomi dimesso dalla segreteria della città di Firenze lo scorso giugno  nella totale indifferenza del segretario. Resto membro del direttivo del mio circolo in attesa del rinnovo di tale organismo ma non ho alcuna intenzione di ricandidarmi nemmeno a quel piccolo incarico.

Non ero candidato a quella specie di elezioni svolte nei congressi di circolo, né sarò in lista il 25 ottobre prossimo.

Non sono membro di alcun consiglio di amministrazione, direttivo o altro organo di società partecipate da enti locali.

L’unica carica che ricopro è quella di membro del consiglio direttivo dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana, su nomina del Consiglio Regionale. Incarico che non comporta compenso o alcuna forma di rimborso.

Non siedo in alcuna fondazione politica né ho altri incarichi, non lavoro in una segreteria di qualche assessore, gruppo politico o parlamentare  e il mio (poco) reddito deriva soltanto dalle mie prestazioni professionali che svolgo in una ditta privata e non da incarichi di alcuna sorta.

Insomma ho perso e sono tornato a lavorare. Segno che, se ci sono riuscito io, non era una cosa così straordinaria.

Vota PD, scrivi MORROCCHI

elezioni

Ci siamo, domani si aprono le urne. In queste settimane abbiamo corso in lungo e largo, abbiamo provato a immaginare la prossima Firenze, il prossimo PD.

E’ stata la campagna più strana che abbia mai affrontato, per qualità ma soprattutto per quantità di candidati presenti in città.

Epuure come ogni volta la cosa più bella sono state le persone che ho incontrato. Quelle, tante, che mi hanno aiutato; quelle che hanno discusso, quelle che hanno preso il volantino, quelle che in faccia mi han detto che a me proprio non mi voteranno.

Un grazie a tutti loro e a tutti voi. Se volgiamo che la nostra casa sia simile a quella che ho provato a descrivere in queste pagine e in questi giorni vi chiedo l’ulimo sforzo: domani e domenica votate PD e scrivete sulla scheda azzurra, accanto al simbolo MORROCCHI.

Infine alcune indicazioni di voto per i quartieri, sono amici e compagni che stimo e che potranno fare un bel lavoro se eletti. Come sapete la preferenza è unica e dunque dove ci sono più indicazioni dovrete scegliere fra uno di questi, sarà una scelta dura, io non ce l’ho fatta e ve li indico tutti!

quartiere 1 (scheda verde): Toni COMPAGNO

quartiere 2 (scheda verde): Stefano ZECCHI

quartiere 3 (scheda verde): Serena PERINI

quartiere 4 (scheda verde): Alessandro MUGELLI

quartiere 5 (scheda verde): Enrico CONTI o Francesca PAOLIERI o Alessandro SOTTOCORNOLA

Votateli e fateli votare!

facsimile-morrocchi

Una vita a servizio dei cittadini

logo055

Qui di seguito l’intervista che mi ha fatto Lorenzo Mossani su 055news.it:

MICHELE MORROCCHI: una vita al servizio dei cittadini

Michele Morrocchi, giovane, ma non ‘nuovo’. Un ragazzo che conosce la politica, le pecche e i lati buoni della vecchia amministrazione. Conscio del buon lavoro fatto in Palazzo Vecchio, ma anche consapevole che ‘errare humanum est’. Tutto può essere migliorato: la perfezione non esiste, ma non si può nemmeno cancellare la propria storia bensì è necessario imparare dai propri errori. Queste non sono parole di Morrocchi, ma è quello che trasmette nei suoi gesti e nelle sue parole. Vive la politica con passione (tra le mille attività è anche consigliere dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana) e ardore. In maniera, forse, inspiegabile è stato anche poco considerato dal Pd che probabilmente non ha ritenuto un ex diessino così giovane adatto alla corsa per ‘la maglia rosa’. Ora Michele Morrocchi chiede un posto come consigliere e lo chiede alla sua città. “Firenze è la mia casa” è il suo slogan per la campagna elettorale.
Bello lo slogan, ma purtroppo molti fiorentini hanno problemi a trovare proprio una casa…
“Lo so. Non è una bella situazione. Abbiamo molte aeree dismesse: è ora di applicare le leggi del vecchio governo Prodi per garantire anche alla fascia intermedia un posto degno di essere chiamato casa. Metteremo in condizione gli imprenditori – continua Morrocchi – di sfruttare queste aeree solo se costruiranno con un costo accessibile che permetterà a tutti i fiorentini di avere un tetto. Nella mia testa c’è anche la consapevolezza di dare alla classe meno abbiente una sistemazione. Ripeterò fino alla nausea, la casa è un diritto e per noi è un dovere trovare soluzioni da subito”.
Parliamo di lavoro…
“Purtroppo il Comune non ha la bacchetta magica. Detto ciò è necessario abbattere oneri, eliminare una burocrazia che è vetusta e facilmente migliorabile. Saranno anche concessi spazi e suoli pubblici per le associazioni che hanno come obiettivo comune quello di migliorare la qualità di vita a Firenze. Una sorta di rete comune tra imprese, comune e associazioni. Tutto si può rimettere in moto, siamo disposti a mettere a disposizioni permessi e luoghi idonei per le singole attività”.
Cosa ha sbagliato la vecchia amministrazione?
“A non parlare con la gente. E’ necessario interagire con i cittadini. Non sempre ‘tutti’ hanno ragione, ma vanno ascoltati maggiormente. La voce della città è importante”.
Detto sinceramente il PD ha futuro?
“Il Pd è un partito giovane che è nato ed ha dovuto subito correre. E’ necessario ripartire con un programma strutturale vero dopo una bella vittoria alle amministrative e alle europee…detto sinceramente ha futuro!”

055news