Serra Yilmaz nei panni di Grisélidis, prostituta geniale

Il gennaio del Teatro di Rifredi è decisamente all’insegna di Serra Yilmaz, l’attrice icona di Ferzan Ozpetec che da anni è una presenza fissa della stagione di Pupi e Fresedde (in cartellone anche questa stagione per l’undicesimo anno consecutivo) con l’Ultimo Harem e da qualche anno anche con la Bastarda di Instambul, (che sarà in scena Roma alla Sala Umberto dal 15 al 25 marzo).

Ai due successi ormai consolidati firmati Angelo Savelli quest’anno la compagnia di Rifredi ha aggiunto il testo di Coraly Zahonero, autrice e attrice della Comédie Française, Grisélidis, memorie di una prostituta.

Un testo che l’autrice ha costruito sulle memorie e le interviste della prostituta franco-svizzera Grisélidis Réal che visse la sua “professione” come un’arte, costruendoci sopra una poetica che riversò in libri, quadri e nella sua attività militante a favore dei diritti delle prostitute.

Lo spettacolo ha ricevuto un’accoglienza straordinaria in Francia e arriva nel nostro Paese al Teatro di Rifredi dal 25 al 27 gennaio dopo essere andato in scena a Vicenza nel dicembre scorso.

Serra Yilmaz regala una interpretazione sentita, calandosi nella parte e portando in scena oltre al testo il suo impegno di intellettuale e di donna mostrandoci questa prostituta rivoluzionaria, l’approccio dei maschi, la poesia che si può trovare anche nel “mestiere”, senza però mai idealizzarlo. Una presenza scenica cruda, diretta, sottolineata dalle musiche eseguite in scena da Stefano Cocco Cantini.

Uno spettacolo che in tempi di regressione del discorso pubblico e privato sul corpo delle donne lo rimette al centro insieme alla sua dignità e alla sua libertà da (ri)conquistare.

Articolo uscito sabato 20 gennaio 2018 su Cultura Commestibile n. 246

La fissazione della vita.

Attaccante_natoPubblico su questo blog, in occasione della ripresa dello spettacolo al Teatro di Rifredi i prossimi 18, 19, 20 e 21 novembre la recensione apparsa su CulturaCommestibile nel febraio di questo anno in occasione della prima nazionale al Teatro Carlo Monni di Campi Bisenzio.

Ci son cose che ti bruciano dentro. Idee che ti accompagnano. Fissazioni che non ti lasciano perché dentro sai che possono rappresentare qualcosa di davvero importante per te. Le grandi storie hanno bisogno del loro tempo però, del momento giusto. E il tempo giusto è’ quello che auguro ad Andrea Bruno Savelli che venerdì debutta con una nuova produzione al Teatro Dante-Carlo Monni di Campi. Lo spettacolo si chiama Attaccante nato, dal libro di Alessandro Alciato e Stefano Borgonovo sulla vita di quest’ultimo; grande attaccante di Fiorentina e Milan scomparso, bruciato via, dalla SLA, la stronza come la chiamava lui. Un libro, una vita, che ha ossessionato (spero mi consenta il termine) il regista fiorentino nel volerne fare uno spettacolo e lo ha portato con costanza e perseveranza (doti che sono in lui cresciute in questo tempo anche forse grazie a questo progetto) a mettere in scena questa vita, questa fissazione per la vita.

Una storia di vittorie e sconfitte, sui campi e nella vita. L’alternarsi di successi sportivi, di vita umana e di lotta alla malattia. Di caparbietà e tenacia, di un messaggio semplice ma fortissimo di speranza, di non arrendersi mai. Così la vita di Stefano Borgonovo dagli esordi alla serie A, il Milan e la Fiorentina, la coppia stratosferica e mitica con Roberto Baggio. E poi la famiglia, la malattia, la lotta, la fondazione contro la SLA. Tutto questo segnerà il racconto di Attaccante Nato, in cui il ruolo di Stefano Borgonovo sarà affidato al volto noto di Massimo Poggio. Un racconto che sappiamo essere forte ma affrontato con la leggerezza, la scanzonatezza ma anche la forza, la fisicità che Savelli ha nelle su corde autoriali e che, in questi anni, il pubblico ha imparato ad apprezzare.

Uno spettacolo che vede il Teatro Dante-Carlo Monni cimentarsi con una propria produzione, insieme al Comune di Campi e alla Fondazione Stefano Borgonovo, che rappresenta, in tempi di ristrettezze, un segnale bello e importante di investimento, di scommessa, su un’opera prima.

Come forse il lettore avrà intuito, chi scrive, su questo spettacolo, viola quel principio di imparzialità (talvolta un po’ ipocrita invero) che si dovrebbe avere nell’affrontare questo mestiere. Di ciò chiedo preventivamente scusa, ma di questa fissazione ho avuto la fortuna di veder nascere la scintilla. Poi come capita per le cose della vita, ne ho perso un po’ le tracce, sperando sempre dentro di me che la luce trovasse la sua via. E’ l’emozione dell’amico dunque a scrivere più che il dovere del cronista e quell’emozione che prende per le grandi storie, le grandi passioni umane proprio come quella di Stefano Borgonovo. Una passione che non vediamo l’ora di vedere su quel palco.

(Apparso su CulturaCommestibile n. 108 del 31 gennaio 2015 con il titolo La fissazione della vita. La sfida di Stefano Borgonovo in scena a Campi Bisenzio).

Scava Pietro scava

Non ho mai conosciuto davvero Pietro Mirabelli, il minatore morto ieri in Svizzera e che fu responsabile della sicurezza nei cantieri della TAV a Barberino. Ho avuto la fortuna di parlare con lui una sola volta. Ho però conosciuto Pietro dalle pagine di Simona Baldanzi (Figlia di una vestaglia blu, Fazie Editore) e dalle parole della riduzione teatrale che di quel libro ha fatto il mio amico Andrea Bruno Savelli. Il “mio” Pietro aveva la faccia e la pronuncia di Fulvio Cauteruccio che lo interpretava, ma pur sempre “sue” erano le parole che pronunciava. Alcune in particolare mi colpiscono oggi, quelle in cui Pietro raccontava di come lui e la sua gente, quasi un intero paese giù in Calabria, avesse scavato gallerie in tutto il mondo. E infatti Pietro è andato a morire in Svizzera. Parole che suonano uguali a quelle del minatore raccontato da David Van de Sfroos in Pica!, pezzo dedicato proprio a questi lavoratori dimenticati e oscuri come le gallerie che scavano.E allora capisci che non c’è sud e non c’è nord quando devi faticare e vivere lontano da casa, senza sicurezza sia fisica, che economica. Estraneo e lontano. C’è solo la speranza della lotta per migliorare la tua condizione, per farti conoscere e per farti sentire accettato e apprezzato.

Pietro aveva due sogni, quello di una statua dedicata ai suoi compagni morti sul lavoro da erigere nel suo Paese e quello che quelle morti si arrestassero. Il primo sogno lo ha avverato, il secondo, purtroppo, no. E oggi quella statua da lui voluta è diventata un monumento anche a lui.

Figlia di una vestaglia blu

Vite Vendute – Teatro e Lavoro in Toscana
Compagnia del Pepe
FIGLIA DI UNA VESTAGLIA BLU
dall’omonimo romanzo di Simona Baldanzi
lettura scenica a cura di Andrea Bruno Savelli
con Elena D’Anna, Fulvio Cauteruccio, Michele Morrocchi, Andrea Bruno Savelli
e la partecipazione di Lucia Poli

Figlia di operai, marcata come i jeans Rifle che la sua mamma ha cucito in fabbrica cinque giorni a settimana per più di trent’anni indossando la sua vestaglia blu lunga e spessa, Simona decide di scrivere una tesi di laurea sulle tute arancioni, i minatori che forano le montagne del Mugello per far passare il treno ad alta velocità. Distribuisce questionari e poco alla volta intesse rapporti umani con queste persone, che lavorano duramente nelle gallerie e che mangiano, dormono e vivono nei campi base, lavoratori “strappati” dalle loro terre, in maggior parte provenienti dal Sud.
E’ una storia che si sdoppia tra la vita della madre, segnata dalla routine e dall’alienazione del lavoro nella catena di montaggio dello stabilimento della Rifle a Barberino di Mugello, e la vita nei campi base della TAV, fatta di cantieri difficilmente accessibili, di polvere da ingoiare, di volti combattivi e dolenti lontani dalla propria terra, dalla famiglia e dagli amici.
E’ attraverso questa storia sdoppiata che Simona Baldanzi sa rievocare con uno stile semplice e molto coinvolgente una delle numerose storie sul movimento operaio che, ieri come oggi, cerca di non farsi “mettere sotto”, dimostrando come il rispetto sia una sfida da vincere quotidianamente.

Simona Baldanzi, nata nel 1977, vive da sempre nel Mugello. È stata finalista del “Premio Campiello giovani” 1996 con il racconto “Finestrella Viola”. “Figlia di una vestaglia blu” (Fazi Editore, 2006) è il suo primo romanzo.

Martedì 17 febbraio 2009 ore 21.00

Teatro di Rifredi
via Vittorio Emanuele 303 Firenze
www.toscanateatro.it – biglietteria@toscanateatro.it

Biglietti:
intero € 14 + € 1(diritto di prevendita)
ridotto € 12 + € 1 (diritto di prevendita)

Info e prenotazioni: 055.42.20.361/2 biglietteria@toscanateatro.it
Prevendita: Teatro di Rifredi dal lunedì al sabato ore 16 – 19 http://www.toscanateatro.it

Teatro che ride!

Da stasera parte InFortezza, la prima festa estiva “privata” che si tiene dentro le mura della fortezza da basso.

Il modello è quello delle vecchie fese de l’Unità provinciali degli scorsi anni, però senza l’unità e quindi senza la politica. Quella tornerà alla grande a settembre con la prima festa nazionale del PD, proprio qui a Firenze.

Per ora però c’è questo evento in cui noi, come Compagnia del Pepe, proviamo a fare un po’ di teatro, soprattuto cabaret e comicità.

E’ un bell’impegno, anche economico. Sono 24 giorni di festa, dall’11 luglio al 3 agosto e contiamo di non rimetterci grazie alla gestione di un bar all’interno dello spazio.

Spero quindi che molti di voi ci vengano a trovare. Il pomeriggio dal lunedì al venerdì la Fondazione Collodi porterà Pinocchio in Fortezza per i più piccoli, mentre il fine settimana spazio lettura con massaggi shatzu per i più grandi. La sera grande comicità con Carlo Monni (torna con Maiali Bradi il suo primo successo in esclusiva per noi), Andrea Muzzi, Lisetta Luchini e tanti tanti altri.

Qui sotto metto il programma se siete interessati. Spero di vedervi in tanti.

programma-teatro-che-ride.pdf