Teatro che ride!

Da stasera parte InFortezza, la prima festa estiva “privata” che si tiene dentro le mura della fortezza da basso.

Il modello è quello delle vecchie fese de l’Unità provinciali degli scorsi anni, però senza l’unità e quindi senza la politica. Quella tornerà alla grande a settembre con la prima festa nazionale del PD, proprio qui a Firenze.

Per ora però c’è questo evento in cui noi, come Compagnia del Pepe, proviamo a fare un po’ di teatro, soprattuto cabaret e comicità.

E’ un bell’impegno, anche economico. Sono 24 giorni di festa, dall’11 luglio al 3 agosto e contiamo di non rimetterci grazie alla gestione di un bar all’interno dello spazio.

Spero quindi che molti di voi ci vengano a trovare. Il pomeriggio dal lunedì al venerdì la Fondazione Collodi porterà Pinocchio in Fortezza per i più piccoli, mentre il fine settimana spazio lettura con massaggi shatzu per i più grandi. La sera grande comicità con Carlo Monni (torna con Maiali Bradi il suo primo successo in esclusiva per noi), Andrea Muzzi, Lisetta Luchini e tanti tanti altri.

Qui sotto metto il programma se siete interessati. Spero di vedervi in tanti.

programma-teatro-che-ride.pdf

La casa degli incontri

Martin Amis è uno dei miei scrittori preferiti. Dunque parto sempre ben disposto nei suoi confronti ogni volta che leggo un suo libro. Però La casa degli incontri è un libro bellissimo. E’ stupendo perchè parla di un amore ossessivo, disperato, di donne, di fratelli, ma anche del comunismo e della Russia sovietica.

Martin Amis aveva già sfidato il demone sovietico in Koba il terribile, che era a metà fra la memorialistica e la saggistica. Qui aggredisce narrativamente l’esperimento sovietico, ne scava a fondo tra gli orrori del gulag, la disperazione della guerra e l’abbandono della riabilitazione.

E poi in mezzo c’è lei, l’ossessione di una vita. Una figura sfuggente che una volta presa distrugge non solo il sogno di sè ma la vitalità stessa del protagonista.

Un racconto in punto di morte, di un  personaggio ma anche di un Paese e di una tragica ideologia.

A kind of blue

Kind of blue è probabilmente il disco più bello di Miles Davis. Primo perchè nel disco oltre a Davis suonano John Coltrane e Bill Evans. Secondo perchè è un disco potentemente struggente, malinconico fin dal titolo, limpido.

Ascoltarlo nel relativo fresco della notte fiorentina mentre si guida per tornare a casa dopo una giornata a dir poco stressante è una di quelle cose che riconciliano. Non posso certo dire che aiuti a scacciare i pensieri dalla testa; anzi. Tuttavia aiuta a definirne i confini, traccia il loro ordine di priorità e ne allontana l’ansia della loro incombenza. Rende anche la consapevolezza dell’incapacità di trovare soluzione a tutti i problemi cosa logica e ripone la fallacità e l’insuccesso nell’ordine naturale delle cose.

Piccoli passi

Come scrissi qui avevo presentato una risoluzione in consiglio comunale per sollecitare la Commissione Europea ad approvare al più presto una Direttiva orizzontale antidiscriminatoria.

Ieri l’aula del consiglio comunale l’ha votata. Il testo è passato all’unanimità, con i colleghi del centrodestra che non hanno partecipato al voto. Immagino più per la tarda ora e per il caldo e per una scarsa conoscenza dell’argomento che per una qualsivoglia contrarietà alla materia.

Lo so che è piccola cosa, ma è comunque qualcosa no?

Banda di Fratelli

Ieri sera durante una riunione ho citato questo pezzo dell’Enrico V di Shakespeare.  Naturalmente più che citarlo l’ho parafrasato. Mi è sempre piaciuta l’espressione banda di fratelli, anche se so che trasuda misoginia ed è tutto fuorchè politically correct. Da’ il senso dell’appartenenza, della comunanza nell’ora suprema, l’idea di un legame che solo chi rischia persino la vita insieme ad un altro può capire. Nel citarlo mi è venuta una voglia matta di rileggere questo pezzo, e di farvelo rileggere.

Le parole sono dette da Enrico V prima della battaglia di Azincourt

“Lasciate che chi non ha voglia di combattere se ne vada.
Dategli dei soldi perché accelleri la sua partenza,
dato che non intendiamo morire in compagnia di quell’uomo.
Non vogliamo morire con nessuno
ch’abbia paura di morir con noi.
Da noi in Inghilterra questo giorno è la festa di Santo Crispiniano;
chi a questo giorno sopravviverà ed avrà la fortuna d’invecchiare,
ogni anno, alla vigilia della festa,
radunerà i vicini intorno a sé:
“Domani è San Crispino e Crispiniano”, dirà
e rimboccandosi le maniche ed esibendo le sue cicatrici,
“Queste son le ferite che ho toccate nel dì di San Crispino”.
I vecchi sono facili all’oblio, ma lui avrà obliato tutto il resto,
non però la memoria di quel giorno,
anzi infiorando un poco quel ricordo per quel che ha fatto lui personalmente.
E allora i nostri nomi, alle sue labbra già stati famigliari
– Enrico Re, e Bedford, Warwick, Talbot, Gloucester, Exeter, e Salisbury –
gli ritorneranno vivi alla mente tra i boccali colmi,
e il brav’uomo tramanderà a suo figlio questa nostra vicenda;
ed i Santi Crispino e Crispiniano,
da questo giorno alla fine del mondo non passeranno più la loro festa
senza che insieme a loro non s’abbia a ricordarsi anche di noi;
di questi noi felicemente pochi,
di questa nostra banda di fratelli:
perché chi oggi verserà il suo sangue sarà per me per sempre mio fratello
e, per quanto sia umile di nascita, questo giorno lo nobiliterà;
e quei nobili che in Inghilterra ora dormon ancor nei loro letti,
si dovran reputare sfortunati per non essere stati qui quest’oggi,
e si dovran sentire sminuiti perfino nella essenza d’uomini
quando si troveranno ad ascoltare alcuno ch’abbia con noi combattuto
il dì di San Crispino”.

Ask not

Ask not è il titolo di un gran bel saggio su John F. Kennedy e sul suo discorso d’inaugurazione il 20 gennaio 1961. E’ un saggio che ha il ritmo di un romanzo, scritto con quella prosa e quella capacità di creare immagini ed emozioni che hanno gli storici anglosassoni.

A partire da un discorso, quello che diventerà mitico proprio per quel “non chiedete cosa il vostro paese possa fare per voi…” Clarke ricostruisce la figura di Kennedy, i sogni e le speranze che la sua elezione portò.

Kennedy fu capace di interpretare la voglia di un Paese e soprattutto di una generazione, di assumere delle responsabilità e di rischiare. Mostrò agli americani, per dirla con Paolo Conte, che erano in “un mondo adulto, [in cui] si sbagliava da professionisti”.

Le pagine che descrivono la nevicata la notte prima del discorso sono stupende. Danno il senso della sospensione, dell’attesa. Come se quella neve fosse il confine tra il prima e il dopo, uno spazio quasi cinematografico in cui fermarsi a sperare che il giorno dopo iniziasse un nuovo mondo e non solo una nuova presidenza.

Quel giorno, […], molte persone, come ipnotizzate, guardarono dalla finestra la neve che si accumulava, mentre le conversazioni via via languivano e i cortili e i marciapiedi diventavano bianchi; le feste diventavano più allegre; mentre la neve smorzava i suoni della città e le stanze ben illuminate sembravano più piccole e più accoglienti mentre scendeva la sera e la neve si faceva più fitta”.

Doveva essere una bellissima sensazione. Mi piacerebbe davvero poterla provare. Mi piacerebbe che, nel piccolo potesse provarla la nostra città. Magari l’anno prossimo, quando una cerimonia d’insediamento (decisamente più modesta) accompagnerà un nuovo sindaco.

E’ rara la neve a giugno. Rara, ma non impossibile.


Tutti i colori dell’uguaglianza

Gli eurodeputati Guido Sacconi e Michael Cashman chiedono alla Commissione europea di rispettare gli impegni. Appuntamento a Firenze sabato 21 alle 18.30 in Piazza Poggi (Lungarno Cellini)

Firenze (16.06.08) – Firenze capitale d’Europa dell’inclusione sociale e della tolleranza. Questo è l’obiettivo che gli organizzatori della manifestazione che sabato 21 giugno vedrà presenti a Firenze in Piazza Poggi (a margine della notte bianca) Michael Cashman, l’eurodeputato inglese Guido Sacconi e Francesca Chiavacci. Occasione: il lancio della petizione internazionale -promossa dal gruppo liberaldemocratico e da quello socialista al Parlamento Europeo- contro ogni discriminazioni per età, disabilità, credo religioso ed orientamento sessuale.

Obiettivo, impegnare la Commissione europea ad emanare la promessa e mai realizzata Direttiva in questione .

Ed anche Firenze vuole fare la sua parte.“Candidiamo la nostra città ad essere capitale dello sviluppo civile e dell’inclusione sociale; motore di una serie di iniziative volte a diffondere la cultura delle differenze e l’integrazione tra identità, culture, popoli e religioni diverse” ha dichiarato uno degli organizzatori, Giuliano Gasparotti.

L’appuntamento é per le 18.30 presso le ex Rime Rampanti, in piazza Poggi, sabato 21 giugno.

L’iniziativa “Tutti i colori dell’uguaglianza” Da Firenze all’Europa contro ogni discriminazione” è promossa da Toscana-Europa e QuiPSE (la sezione toscana del PSE) ed ha avuto l’adesione finora di PD, Italia dei Valori, ARCI, Ireos, ANPI, ed il patrocinio del Quartiere 1 .

Molte le adesioni, che vanno ben oltre il solo campo della sensibilità politica democratica e socialista. Da esponenti delle associazioni omosex del mondo LGBT (Alessio de Giorgi, Mirco Zanaboni, Roberta Vannucci) al mondo istituzionale (Daniela Lastri, Stefano Marmugi e Stefania Collesei) e politico (Andrea Barducci, Giacomo Billi, Michele Morrocchi), da quello economico (Luca Mantellassi) a quello accademico (i docenti universitari Attila Tanzi e Chiara Rapallini). Saranno presenti anche il segretario della CGIL fiorentina Mauro Fuso ed esponenti dell’ANPI.

Al completo, all’iniziativa, anche tutti i presidenti dei cinque Quartieri fiorentini.

Una grande mobilitazione, quindi, perché il presidente Barroso rispetti gli impegni presi nel 2004, all’indomani dell’incresciosa bocciatura di Buttiglione al Parlamento europeo. Impegni che ad oggi rimangono lettera morta, visto che nel progetto di Direttiva (la Direttiva Orizzontale) è prevista solo la discriminazione per i portatori di handicap.

Da Firenze e dall’Italia parte un segnale politico forte e corale affinché le istituzioni europee siano in prima linea nella battaglia per l’affermazione dei diritti dell’uomo e dei valori di diversità e tolleranza.

Chi volesse firmare la petizione può trovare il modulo online su www.quipse.eu

P.S. Ah io sul tema ho presentato una mozione in consiglio comunale, magari serve a qualcosa…

Via Montughi vista dal cielo

Sul Corriere di Firenze di oggi c’è un articolino curioso. Parla delle proteste degli abitanti di via Montughi.

Via Montughi è una piccola via (ma piccola davvero) tra via Vittorio Emanuele e via Bolognese. Per molti fiorentini quel sistema di stradine sopra careggi e la Bolognese rappresenta da sempre la circonvallazione nord della città. Chi qui è nato sa benissimo che si tratta di viottoli larghi più o meno quanto un utilitaria, talvolta a doppio senso che necessitano occhio, pazienza e capacità di fare lunghi tratti in retromarcia se si incontra qualcuno nei tanti punti in cui non è possibile scambiarsi.

Molti giovani neopatentati (anche chi scrive quando tanto tempo fa lo era) hanno reso felici generazioni di carrozieri sverniciando le fiancate delle proprie auto coi muretti a secco la cui abrasività è notoriamente altissima. I fortunati residenti hanno sempre assistito pazienti a questo “modesto” traffico. Almeno sino ad ora.

Da qualche tempo infatti quelle strade non sono più patrimonio per iniziati ma, grazie allo sviluppo e alla diffusione dei sistemi di navigazione satellitare, vengono sempre più “consigliate” come tragitto alternativo per chiunque. Anche per camionisti e proprietari di grosse auto che finiscono così letteralmente incastrati.

Non è un fenomeno solo fiorentino. In molte altre città aumentano i casi di incastri, incidenti e viabilità vicinali trasformati in succursali e deviazioni autostradali.

Il problema non riguarda solo queste strade alternative. I software di navigazione sono tutti completamente slegati dalla pianificazione della mobilità delle città. Sono dunque lasciati alla libera iniziativa delle ditte produttrici, che inseriscono punti di interesse, viabilità alternative, parcheggi di struttura, secondo criteri propri (diversi da prodotto a prodotto) e non quelli dell’amministrazione pubblica che dovrebbe governare la mobilità.

Insomma le società che producono gps stanno divendando anch’esse un soggetto della mobilità delle nostre città. Forse è il caso di rendersene conto e instaurare con loro qualche forma di relazione da parte delle amministrazioni comunali, dai semplici contatti a vere e proprie collaborazioni come già si fa con le categorie economiche o le società di trasporti.

Se ci si riuscisse forse non troveremmo più nessun camionista polacco incastrato in via Montughi che maledice una voce femminile che, dal gps, gli ordina di “tornare indietro quando potete”.