Festa democratica

Mi dicono il 28 c’è Bersani alla festa nazionale del PD che fa un dibattito con Tremonti alle 18, alle 21 faresti una cosa con lui e Riccardo Conti sulle città e l’innovazione?

E io dico, naturalmente: si!

Per cui comincio a prepararmi, metto in calendario di trovare tra lunedì e giovedì il tempo per rileggere qualcosa, approfondire dei temi, ecc…

Poi ieri mi telefonano e mi dicono: “Ehi non più giovedì, ma domani, domenica.”

Per cui stasera sono alla festa del PD allo spazio dei quartieri 1 e 5 a fare un’iniziativa sulle città e l’innovazione con Pierluigi Bersani, Riccardo Conti, Giuliano Gasparotti e il sottoscritto. Se passate sono lì anche se non so assolutamente che dire!

Ho scritto primarie sulla sabbia

Si sa la pubblicità è l’anima del commercio e che sia agosto oppure settembre la foliazione dei nostri quotidiani la decidono gli inserzionisti piuttosto che i direttori e le notizie che realmente sono apparse.

Ecco dunque il moltiplicarsi di inchieste sul coctail dell’estate, l’abbronzatura migliore, i ristoranti meno esosi e via celiando…

Se le cronache nazionali sono state in qualche modo aiutate da olimpiadi e questione georgiana non altrettanto è accaduto ai quotidiani locali e ai supplementi locali dei grandi quotidiani.E siccome tocca lavorare qualcosa bisogna pur scrivere, anche di politica naturalmente soprattutto se la penna più appuntita della città le ferie le ha prese a luglio.

Ecco quindi che il politico rimasto in città (o magari in montagna ma col telefonino acceso) pronto a dichiarare su qualsivoglia argomento si ritrova ad essere non uno degli esponti cittadini ma il vate!

E quindi viene intervistato su tutto. Vacanze, amorazzi estivi, regolamenti comunali, primarie (singole o di coalizione), collocazioni nel proprio partito, questione georgiana. Lo immagiamo impegnato a conversare col giornalista puntuto a metà del giorno dal buon retiro montano, come Berlusconi tornato dalla serra dei cactus in Sardegna che chiama Putin e discutono della Georgia. Più o meno anche con gli stessi risultati.

Oppure indaffarato a rispondere al segretario nazionale di un partito alleato galvanizzato addirittura dal richiamo nazionale che la notizia potrebbe avere. Poi poco importa se quel livello di discussione non attenga al suo ruolo ma un parere, perdincibacco, non si nega a nessuno!

Poi tanto torna settembre e i telefonini li riaccendo anche gli altri e il vate torna a fare il suo. Che, tra l’altro, nemmeno gli riuscirebbe male. E tutti i proclami, democrazia, tutela degli iscritti, minacce di dimissioni, richiamo alla base o al popolo delle primarie si perdono come scritte sulla sabbia che il mare porta via…

Io me ne andrei…

Da oggi pomeriggio vacanza. Insomma si fa per dire, una settimana a portare il piccolo al fresco dell’Amiata.

Molti libri, un ipod pieno, delle nuove birre da assaggiare e un po’ di cose da risistemare.

Forse ci si sente, forse no. Dipende da me e da Tre.

A plus.

What’s going on?

Da una settimana sono padre. Che dire, nessuno ti dice che è anche così faticoso. Che ti cambia la vita. Che c’è un prima e un dopo. Ma nessuno riesce nemmeno a farti capire che è davvero così bello.

Giorgio ha iniziato il suo percorso. Spero di stargli accanto nel migliore dei modi.

P.s. un grazie a tutti gli amici, i compagni (si può dire no?), i colleghi, e tutti quelli che hanno voluto manifestarci il loro affetto con sms, fiori, biglietti, telegrammi, messaggi su facebook, telefonate, visite, regali e ogni altro mezzo di comunicazione

No fast-food nation?

Il consiglio comunale di Los Angeles ha varato un’ordinanza, non ancora firmata dal sindaco invero, in cui si vietano, in un’area di quasi 52 km quadrati in cui vivono circa 500.000 persone in larga parte a basso reddito, i fastfood.

Il principio è un principio egualitario e salutista e parte da questa idea: noi già limitiamo la vendita di alcool e tabacchi perchè dannosi per la salute; se, soprattutto i più poveri, possono accedere all’alimentazione solo attraverso i fast food rischiano più dei ricchi di avere tutti i problemi legati a quel tipo di cibo e dunque noi regolamentiamo (vietando) i ristoranti fastfood.

Si impediscano quindi i fastfood in modo da favorire (questa è la speranza) l’apertura di locali migliori (sotto il profilo alimentare) e aumentare le possibilità di gustare cibi sani anche per la popolazione meno abbiente in particolare i bambini.

Quello che colpisce è che un provvedimento di regolamentazione così forte venga preso negli Stati Uniti, qui da noi semplicemente a pensarlo si verrebbe tacciati di essere dei pericolosi comunisti.

Penso alla disussione sul regolamento per le somministrazioni o al codice del commercio della regione toscana e al fatto che ogni volta che si parla di regole (siano esse per il commercio o per la sicurezza) ci sia sempre qualcuno che ci fa la lezione sul liberismo e sugli Stati Uniti. Provassero a mangiare un hamburger a Los Angeles se ci riescono!

Qui c’è tutta la storia.

Strange place for the snow

Gli E.S.T sono un trio jazz che ormai si crede una pop band. I loro concerti sono decisamente spettacolari se rapportati alla normale sobrietà degli artisti jazz. Ma non è sempre stato così; quando li ho visti la prima volta a Parigi nel 2002 erano un normalissimo trio jazz che faceva una musica molto bella, molto fredda come spesso capita ai jazzisti scandinavi. Era da poco uscito questo disco con un nome così curioso strange place for the snow le cui atmosfere mettono un senso di inquietudine che ti resta dentro anche dopo che la lunghissima ghost track finale è terminata.

Non è un disco facile nè gli est fanno musica facile. Talvolta troppo leziosi o maniacali non hanno più trovato, secondo me, la stessa sensazione di angoscia e di perdita che da’ questo disco.

Risentirli oggi mi ricorda come sia soggettivo il giudizio (io adorai quel concerto chi era con me ancora mi odia per averla portata lì), incerta la percezione e potenzialmente pericoloso il futuro.

Ci sono strani posti e strani periodi per la neve, anche dentro di noi e, nonostante il caldo che fa fuori,

possono prenderti i brividi anche così.

Assemblea di una sera di mezza estate

Ieri sera sono intervenuto all’assemblea cittadina del PD di Firenze. Il fato e l’arbitrio del segretario cittadino hanno voluto che parlassi dopo gli interventi del presidente della Provincia Renzi e, soprattuto, quello di Daniela Lastri che ha ufficializzato la propria candidatura alle primarie (tra l’altro complimenti a Daniela per il coraggio, merce rara di questi tempi!). Insomma un momentaccio, l’attenzione era poca ma ho provato a svolgere qualche ragionamento che riporto qui sotto.

Nell’approcciarci al lavoro sul programma così come definito dal documento approvato da questa assemblea il gruppo che ho avuto il compito di coordinare ha cercato di definire quelle linee programmatiche comuni in vista delle primarie.

Siamo partiti dall’analisi della nostra città, dal bilancio del lavoro svolto, dalle analisi che l’IRPET ha fatto sulla nostra area, convinti che una analisi corretta sia indispensabile se si vuole fare un buon lavoro.

Un’analisi che mostra un quadro non completamente positivo, dove gli elementi che rendono Firenze più competitiva sono in larga parti dovuti alle maggiori difficoltà degli altri piuttosto che alle nostre migliori performance. Elementi positivi che si legano spesso a quelli che troppo semplicisticamente accostiamo alla parola rendita, dimenticando che questa genera valore aggiunto ricchezza e rappresentano, come dimostra lo studio appena pubblicato dalla provincia insieme alla London school of economics, i campi di interessi (gli unici) degli investitori esterni.

E’ dunque emerso il bisogno di declinare una parola: cambiamento. Dopo un ciclo amministrativo di quindici anni di cui tutti noi diamo un giudizio positivo non abbiamo la necessità di inserire elementi di rottura. Serve portare avanti le scelte fondamentali, in primis quelle infrastrutturali, ma adeguandole alle conseguenze, sociali, economiche, fisiche che le nostre scelte (e non solo) hanno generato.

Un cambiamento se mi permettete di mutuare l’espressione dallo slogan della campagna elettorale di Mitterand che vorrei definire tranquillo.

Accanto a questo dobbiamo affrontare il tema della gravità, intesa quasi in senso fisico. Come quella forza che ci mantiene attaccati al terreno, alla concretezza, alla fanga. Un senso di responsabilità perchè i tempi appaiono difficili, appaiono tempi in cui non possiamo accontentarci dei sogni, anche perchè i sogni durano una piccolissima parte della notte.

Dobbiamo quindi lavorare, insieme, alla costruzione di una identità diffusa, non a ricette salvifiche, in cui porre il tema del limite delle risorse, fisiche, sociali ed economiche in cui svolgere lo sviluppo.

Uno scenario nuovo in cui il problema delle dimensioni non può essere più ignorato. Quel tema intuito tanti anni fa da Gianfranco Bartolini che oggi, con la proposta della città metropolitana può avere uno sbocco istituzionale compiuto.

Dobbiamo essere conseguenti alle nostre scelte. Quando si avvicinano i mercati, le comunità, quando si rompono i limiti anche fisici, nel nostro caso gli appennini con la TAV, si creano effetti irreversibili che devono essere governati per dirla con il Marx che descriveva la fine delle antiche civiltà.

Si aprono prospettive incredibili ma anche rischi enormi se non ci faremo trovare pronti. Non ci potremo accontentare di ridurre di mezz’ora, fosse anche un’ora, il tempo per arrivare a Milano dovremo porci l’obiettivo di essere perno di un sistema che lega Livorno e il suo porto con l’Europa, la Toscana al nord e il sud del Paese, conquistando così il ruolo di capitale della Regione, non per rango e storia ma per funzione ed interesse.

Un perno capace di essere quel centro di gravità di una Italia di Mezzo (Toscana, Umbria e Marche) omogenee per economia, composizione socilale e persino consenso politico, che non riesce a materializzarsi e rendere questa area competitiva nel contesto europeo.

Come vedete un ambizione alta e però al contempo concreta, inserita prepotentemente nel dibattito europeo delle città regioni, quel dibattito su cui si orienteranno le politiche dell’Unione e i finanziamenti ad esse legate.

Infine permettetemi di concludere con due riflessioni personali, che non sono frutto del lavoro del gruppo che presiedo.

La prima è che credo serva una sprovincializzazione del nostro dibattito, soprattuto quello che facciamo sui giornali.

Abbiamo bisogno di una elaborazione alta. Porto l’esempio delle infrastrutture e della mobilità-

Forse dovremo riuscire ad uscire da una concezione idraulica, come scriveva qualche tempo fa Walter Tocci in un bel saggio, del traffico. Un idea che pensa che così come per le tubature, aumentando il numero dei tubi e la portata di questi ultimi si distribuisca meglio l’acqua. E invece abbiamo visto, ovunque, che all’aumentare dei tubi è aumentata subito anche la quantità d’acqua da trasportare.

Dunque non credo sia utile affrontare il tema di nuove infrastrutture per la mobilità su gomma cercando le compatibilità tecniche, ambientali o paesaggistiche. Quelle di solito con un buon progetto si trovano. Il problema sono le compatibilità politiche. Come si coniugano, guardate lo dico senza voler dare un giudizio ma per svolgere un ragionamento, nuove strade con la cosiddetta cura del ferro, con l’ambizione di spostare il traffico privato sui treni locali.

Come si coniugano nuove strade, l’aumento del traffico che queste sempre portano, con quanto affermiamo due righe sotto cioè la diminuzione dell’inquinamento, delle emissioni nocive?

Come stiamo in un dibattito mondiale in cui persino la California discute su come chiudere e demolire qualcuna delle sue highway?

Non può valere qui la politica del ma anche, serve la definizione di una scelta.

Dunque e vado a concludere serve una sprovincializzazione dei temi, del nostro dibattito. Anche perchè altrimenti il rischio è quello dell’incapacità del partito non di trovare una leadership, un candidato ma un gruppo dirigente.

Abbiamo scelto, come fondante per il nostro partito, un modello competitivo basato sulle primarie. Dobbiamo svolgerlo in modo che questo non rappresenti l’affermazione di un sindaco ma di un intero gruppo dirigente per il PD e per la città, capace di precedere chi vogliamo amministrare, di indicare una strada, sperando naturalmente che sia quella giusta.

Serve rispetto e determinazione, coraggio e understatement non promesse. Serve indicare un cammino comune, non nascondendo le difficoltà che incontreremo ma mostrandoci pronti a fare insieme ai nostri cittadini quel pezzo di strada per quanto dura sia.

L’incapacità di scegliere porta a soluzioni endogene. Il salvatore esterno non può essere la soluzione ma solo la riproposizione dei nostri antichi mali e un passo verso l’indebolimento e la sterilità.

Siamo invece di fronte a un potenziale gruppo dirigente in grado si superare le distanza e le rotture del passato, in grado di portare alla città idee nuove e richieste di impegno comune, di dimostrarsi capace di cambiare, tranquillamente, la nostra città.

Calcio di luglio…

Lo so. A luglio e ad agosto tutte le squadre sono fortissime e lo scudetto potrebbero giocarselo sei o sette squadre, poi si va in campo e rimangono le solite due o tre.

Lo so. Però la campagna acquisti della Fiorentina quest’anno è potenzialmente straordinaria.Forse si potrebbe sperare qualcosa di grande. Almeno fino a settembre.

Ricambio generazionale

Ma se per una volta noi trentenni, ora nel PD prima nei PDS-DS ma penso valga anche per quelli che venivano dalla Margherita e quelli che non venivano da nessuna parte, invece di raccontarci di voler ammazzare i padri per poi finire a farne i portaborse provassimo semplicemente a dimostrare che i padri sono solo un po’ più ricoglioniti di noi?

il Reporter

Questo è il testo dell’intervista sull’aeroporto di Peretola che ha pubblicato il Reporter e che è arrivata in tutte le case dei fiorentini. L’intervista è di Paolo Ceccarelli che ringrazio per le domande e la correttezza con cui ha riportato le risposte.

Il problema non è la pista parallela o quella obliqua. Il problema, secondo il consigliere comunale del Pd Michele Morrocchi, “è cosa vogliamo far diventare l’Amerigo Vespucci: uno scalo da 8 milioni di passeggeri l’anno o un city-airport?”. Morrocchi non ha dubbi in merito: Firenze non può permettersi un mega-aeroporto.

Allora Peretola deve restare così com’è? “No. L’attuale aerostazione va rimessa a posto per farla diventare un vero cityairport. Si può discutere anche di un ri-orientamento della pista, ma con due paletti: non più lunga di 2 chilometri e pensata anche in funzione di attenuare i disagi che oggi vivono i cittadini di Quaracchi, Brozzi e Peretola”.

Ma lei è favorevole o contrario all’aumento dei voli? “Si può anche incrementare il numero ma, ripeto, certo non farlo diventare un aeroporto intercontinentale. Peretola può reggere al massimo 3 o 4 milioni di passeggeri l’anno, cioè il doppio di quelli attuali”.

La questione aeroporto sembra un po’ lo specchio su cui tanti vedono riflesso il futuro di Firenze. Con queste posizioni, non teme di passare per un “nemico” dello sviluppo della città, un conservatore? “Mah, ci sono diversi amici di diversi futuri della città… C’è chi vorrebbe che fossimo invasi da 8 milioni di turisti, ma basta andare in centro in questo periodo per rendersi conto che non lo potremmo sopportare. E poi non ci sto a misurare il grado di riformismo con il goniometro”.

Adf sostiene che con la pista parallela diminuirebbero i disagi per gli abitanti delle zone circostanti. Questo non è unbuon motivo per dire sì? “Non sono un ingegnere, quindi non entro nel merito. Credo però che Adf farebbe bene a presentare uno studio di fattibilità, perché altrimenti i discorsi restano tutti un po’ a mezz’aria. E, prima ancora di questo studio, Adf dovrebbe togliere dal tavolo delle ipotesi la proposta di una pista lunga 3,3 chilometri, pensata per voli intercontinentali. E’ un’idea che genera solo confusione”.

A Castello potrebbe nascere il nuovo stadio della Fiorentina. Secondo lei, l’impianto, l’aeroporto e gli altri progetti sull’area si possono integrare o bisogna scegliere?Bisogna vedere che tipo d’impianto sarà. Comunque bisognerà valutare bene e mi pare evidente che tutto tutto, in quella zona, non ci potrà stare”.

P.S. Oggi sul corriere fiorentino c’è una lettera firmata che mi accusa di non capire nulla sull’aeroporto (a differenza di Marco Mayer) perchè non parlo del Sukhoi 100 e delle magnifche potenzialità di questo velivolo. Il lettore però casca male, gli aerei sono sempre stati una mia passione. Il Sukhoi sarà un magnifico vettore ne sono certo e sono felice che finmeccanica sia entrata in quel progetto. Ma è un vettore nuovo ancora in fase di preproduzione, e soprattutto non sarà certo la politica fiorentina a decidere gli acquisti dei parchi aeromobili delle compagnie aeree. La tecninca è una gran cosa e potremmo tutti sperare che i convertiplani risolvano i problemi di Peretola. Però noi dovremmo trovare una soluzione ora e per il breve futuro in cui si continuerà a volare con gli attuali aerei sostituendoli con le nuove macchine progressivamente.