- Tutte le strategie si basano su dei punti fermi.
Il primo tra questi è medico.
Sono poche parole che i francesi devono avere bene in mente: dovremo convivere con il virus. Dato che nessun vaccino sarà disponibile a breve termine, che alcuna cura non ha, ad oggi, dimostrato la sua efficacia e che siamo ancora lontani dal raggiungere la famosa immunità di gregge, il virus circolerà ancora tra di noi. Questo non è simpatico ma è un fatto.
Possiamo sperare che il virus sparisca da solo. Gli specialisti di epidemie concordano sul fatto che a volte le epidemie a volte si arrestano senza che nessuno sappia perché…
Possiamo anche sperare che gli incredibili sforzi della ricerca messi in campo in tutto il mondo permetteranno di trovare tra i 12 e 24 mesi un vaccino che collocherà questo virus nel novero delle questioni sanitarie risolte dall’intelligenza e la tecnologia umana.
Possiamo certamente sperare in tutto ciò, ma costruire una politica pubblica e organizzare la vita dei francesi attorno a ipotesi così incerte non è fattibile.
Dobbiamo dunque imparare a vivere con il COVID-19 e imparare a proteggerci.
Ecco il primo punto fermo e il primo asse della nostra strategia.
Il secondo punto fermo è al tempo stesso medico e politico: ed è il rischio di veder ripartire l’epidemia. La decisione di confinare il nostro paese ha permesso di rallentare la circolazione del virus. Ha permesso che i nostri servizi di rianimazione o di cure intensive non siano stati saturati al punto che non potessero ammettere nuovi pazienti. Ha permesso grazie allo sforzo oltre ogni immaginazione dei sanitari e delle equipe ospedaliere e dell’organizzazione logistica delle cure di tenere. Nonostante una pressione incredibile, mai vista prima, ma di tenere. E voglio dirlo nuovamente qui. Il nostro sistema ospedaliero ha retto.
Ma ha retto al prezzo di una fatica ben comprensibile delle donne e degli uomini. Al prezzo di un consumo delle medicine di rianimazione mai visto prima. Al costo dell’annullamento delle operazioni chirurgiche non necessarie a corto termine, ma che finiranno per esserlo presto.
Il rischio di una seconda ondata, che impatterebbe su un tessuto ospedaliero fragile, che imporrebbe un “ri-confinamento”, che rovinerebbe gli sforzi e i sacrifici fatti nel corso di queste otto settimane, è un rischio serio, un rischio che dobbiamo prendere sul serio.
Questo rischio impone di procedere con prudenza. Progressivamente. Decisamente. Riprendendo la nostra vita secondo modalità che permettano settimana dopo settimana, di verificare che abbiamo il controllo sulla velocità di circolazione del virus.
Il secondo asse della nostra strategia sarà dunque la progressività.
Il terzo elemento da prendere in considerazione è geografico. Anche qui ci sono alcune semplici parole: la circolazione del virus non è uniforme nel paese. Certe zone sono state duramente colpite, certi territori vedono ancora oggi, dopo sei settimane di confinamento, un numero quotidiano significativo di nuovi casi, ma in altre, il virus è quasi assente.
Questa circolazione eterogenea del virus crea, di fatto, delle differenze tra i territori. Per tutti quelli che, come me, credono al buon senso, non è inutile, anzi è altamente necessario, di tenere di conto queste differenze nel modo in cui il de-confinamento dovrà essere organizzato. Da un lato per non applicare lo stesso schema nei luoghi dove la situazione non è oggettivamente la stessa, ma anche per lasciare alle autorità locali, in particolare ai sindaci e ai prefetti, la possibilità di adattare a strategia nazionale in funzione delle circostanze.
E’ per questo che con il Presidente della Repubblica, abbiamo deciso di dire rapidamente qual è la nostra strategia nazionale: poiché, nel più breve tempo possibile, coloro i quali vogliano partecipare alla sua messa in atto possano prendere le loro decisioni. Con molti membri del governo e il coordinatore interministeriale, Jean Castex, io incontrerò da domani le associazioni degli eletti locali e i prefetti, poi giovedì le parti sociali, per avviare questo lavoro di concertazione e adattamento del piano alle realtà sul territorio.
Convivere con il virus, agire progressivamente, adattarsi localmente: ecco i tre principi della nostra strategia nazionale.
- A partire dall’11 maggio, l’azione messa in pratica riposerà sulla triade: proteggere, testare, isolare.
Proteggere innanzitutto.
Proteggere vuol dire, evitare di essere infettati dal virus o di infettare gli altri. I medici ci dicono che la contagiosità della malattia appare due giorni prima dei primi sintomi e scompare diversi giorni dopo. Dicono egualmente che una parte non trascurabile dei portatori del virus non manifestano alcun sintomo, e non sanno, davvero, che possono trasmettere il virus.
Pertanto, è indispensabile che tutti possano adottare i comportamenti che permettano di evitare la contaminazione.
A partire dal momento in cui non saremo più nella situazione di confinamento, laddove le occasioni di contatto aumenteranno di nuovo, il rispetto delle misure di prevenzione e del distanziamento sociale saranno ancora più importanti.
Queste misure di prevenzione tutti oramai le conosciamo: sono essenzialmente il distanziamento fisico e il lavaggio regolare delle mani.
A queste, si dovrà aggiungere, e io dico bene che si aggiunga, l’indossare in alcune situazione le mascherine.
Su questo punto desidero soffermarmi. Poiché questa questione delle mascherine ha suscitato la collera di numerosi francesi. Perché non ci sono per tutti? Occorre portarle? Dove possiamo trovarle?
Allorché la crisi è iniziata, noi disponevamo di una riserva importante di mascherine chirurgiche. Importante nel senso che permetteva di rispondere a più di 20 settimane di consumo normale nel servizio sanitario. La produzione nazionale era inferiore al consumo normale, ma compensata da importazioni regolari.
Come tutti i paesi europei, come gli Stati Uniti d’America, la Francia ha dovuto gestire un rischio di penuria di mascherine.
Tre decisioni dunque sono state prese.
Innanzitutto, quella di aumentare la produzione nazionale di mascherine chirurgiche al massimo delle possibilità. Non era semplice ma ci siamo riusciti, prima raddoppiando e poi arrivando presto a 5 volte la produzione iniziale.
Seconda decisione, riservare lo stock esistente al servizio sanitario. Per garantire la fornitura di queste mascherine a quelli che, in prima linea, dovevano curare i malati. Talvolta abbiamo dubitato della nostra capacità di garantire questa fornitura nel tempo. Riservare le mascherine al personale sanitario ha voluto dire non distribuirle agli altri. È stata una scelta difficile. Una scelta contestata. Una scelta che io ritengo necessaria.
Infine noi abbiamo lanciato la produzione di mascherine in tessuto, per completare l’offerta e non dipendere dalle importazioni di cui non sappiamo se potranno ripartire e tra quanto.
Gli scienziati hanno essi stessi poi modificato la loro posizione. All’inizio, molti ci dicevano che il portare la mascherina per la totalità della popolazione non era necessario, che il rischio di un uso scorretto era superiore ai vantaggi attesi. E l’abbiamo dunque ripetuto. Io l’ho ripetuto.
Oggi ci dicono, talvolta gli stessi, che è preferibile, in molte circostanze indossare una mascherina piuttosto che non farlo. E dunque sono qui a ripetervelo. E a fare il possibile perché ciò avvenga.
Durante la fase di penuria, noi abbiamo utilizzato lo strumento delle requisizioni, che è stato molto utile. Dopo diverse settimane, adesso, dopo che noi siamo rassicurati sulla nostra capacità di fornire ai sanitari le mascherine, noi invitiamo tutti a procurarsi delle mascherine. I dati delle dogane lo mostrano: importiamo molte più mascherine nel paese di quante il governo ne chieda.
E credetemi, noi ne ordiniamo, poiché noi riceviamo circa 100 milioni di mascherine chirurgiche alla settimana ormai e circa 20 milioni di mascherine lavabili a partire da maggio. Noi abbiamo spinto le imprese e le collettività a procurarsi esse stesse delle mascherine. Noi sosterremo finanziariamente le collettività locali che acquisteranno a partire da questi giorni le mascherine per la popolazione, facendoci carico del 50% del costo delle mascherine, nel limite di un prezzo finale fissato. Abbiamo poi riaperto il mercato dei tessuti, gli atelier di moda e dato loro le linee guida per la realizzazione delle mascherine, al fine che possano mobilizzarsi per produrle.
Grazie alla mobilitazione di tutti, non ci sarà dunque assenza di mascherine nel paese di fronte ai bisogni post 11 maggio.
Ma l’impegno, la responsabilità dei poteri pubblici, la nostra responsabilità collettiva, è di arrivare, nelle prossime settimane, ad organizzare questo sforzo per evitare che taluni ne abbiano troppe e che altri non ne abbiano affatto.
Progressivamente noi arriveremo ad una situazione classica dove i francesi potranno, senza rischio di penuria procurarsi mascherine in tutti i negozi.
Nel frattempo, è necessario che lo Stato, le collettività locali, le imprese, l’iniziativa privata, siano complementari e non concorrenti.
Il Presidente della Repubblica lo ha detto: faremo affidamento su sindaci e prefetti, con l’assistenza di tutti.
Invito tutte le imprese, quando le condizioni glielo permetteranno, a equipaggiare tutti i loro dipendenti. È una condizione per la ripresa. Le regioni e lo Stato metteranno in piedi un sostegno alle PMI e ai lavoratori autonomi, aldilà delle iniziative già intraprese da certe categorie o dalle organizzazioni professionali. Una piattaforma di e-commerce sarà creata dal servizio postale a partire dal 30 aprile e distribuirà a coloro i quali hanno necessità ciascuna settimana diversi milioni di mascherine.
Lo stato e le collettività locali assicureranno la protezione del loro personale, in particolare di quelli che sono a contatto con il pubblico. I prefetti avranno a disposizione una dotazione locale per supportare, con i dipartimenti e le regioni, le comunità più piccole. Anche insegnanti e gli studenti dei collèges riceveranno egualmente le loro mascherine.
Le farmacie e la grande distribuzione saranno invitate a vendere, nelle condizioni che definiremo con loro per evitare fenomeni di penuria, mascherine usa e getta o lavabili. I privati potranno poi autoprodursi le proprie mascherine secondo le linee guida raccomandate da ANFOR e ANSM.
Infine, noi riserveremo una dotazione settimanale di 5 milioni di mascherine lavabili al fine che le prefetture con i sindaci e i presidenti dei consigli dipartimentali, la distribuzione di mascherine ai nostri concittadini più fragili, attraverso i CCAS e i servizi sociali.
Prima proteggere, poi testare.
Anche qui le raccomandazioni scientifiche sono cambiate. Dopo tutto è normale che sia così di fronte a un virus sconosciuto. Questa crisi sanitaria riporta tutti sicuramente a un dovere di umiltà.
La dottrina iniziale consisteva, in quella che noi chiamavamo allora la fase 1, nel testare al massimo. E noi abbiamo testato molto in fase 1. Da quanto è apparso il primo caso a Les Contamines-Montjoie e ha dovuto essere isolato, abbiamo testato in modo massiccio tutti coloro che si erano avvicinati direttamente o indirettamente ai pazienti identificati. Ma la dottrina voleva che, una volta che l’epidemia fosse passata nella fase 3, non si testasse che i malati ricoverati per sospetto COVID, il personale sanitario sintomatico e i casi negli istituti che accolgono persone fragili. È quello che abbiamo fatto. I tempi sono cambiati, la dottrina dell’OMS pure.
Alla fine del confinamento, noi saremo in grado di massificare i nostri test. Ci siamo fissati l’obiettivo di realizzare almeno 700.000 test virologici per settimana dal 11 maggio.
Perché 700.000?
Perché il comitato scientifico dice che, a questo stadio, i modelli epidemiologici prevedono tra 1.000 e 3.000 nuovi casi al giorno a partire dall’11 maggio. Poiché ogni nuovo caso corrisponderà, in media, al test di almeno 20/25 persone che lo hanno incontrato nei giorni precedenti: 3.000 per 25 per 7 si arriva a 525.000 test a settimana. 700.000 test ci danno il margine che ci permetterà, oltre a testare le catene di contaminazione, di implementare campagne di screening come abbiamo già iniziato per le case di cura
Per raggiungere questo obiettivo noi abbiamo scardinato quei locchi che impedivano la partecipazione dei laboratori di ricerca e le cliniche veterinarie a questo sforzo collettivo. La capacità di rimuovere questi ostacoli nella pratica, non solamente nei discorsi, è un esercizio che ci impone, anche qui, una grande umiltà.
Noi abbiamo avviato la mobilitazione congiunta dei laboratori pubblici e provato che possono oggi, rapidamente, incrementare la loro capacità di analisi.
Questa mobilitazione permetterà di garantire su tutto il territorio un accesso di prossimità ai prelievi. Infine, aumenteremo la copertura dei costi per questi test al 100%.
In un una parola, tutto deve essere fatto per rendere la realizzazione del test facile e rapido.
Allorché una persona sarà trovata positiva, noi avvieremo un lavoro di identificazione e testeremo tutti coloro i quali, sintomatici o no, avranno avuto un contatto ravvicinato con questa persona. Tutte queste persone contattate e testate saranno invitate a isolarsi, tenuto conto dell’incertezza dei tempi di incubazione.
Questa regola è semplice da dire. Ma esige, per essere applicata sistematicamente ovunque in Francia, di mezzi considerevoli.
Non potremo riuscirci che grazie alla mobilitazione dei professionisti della sanità privata, in primis medici di famiglia e infermieri. Essi costituiscono, in una certa misura, la prima linea in questa ricerca di positivi per tutto ciò che concerne il nucleo familiare. Io so che possono mobilizzarsi per questa missione e noi li aiuteremo in questo.
A supporto, gli uffici sanitari assicureranno la moltiplicazione di questo processo di identificazione dei casi positivi al di fuori del nucleo familiare.
In ogni Dipartimento istituiremo gruppo responsabili della compilazione dell’elenco dei casi che sono stati a contatto di un positivo, chiamandoli, invitandoli ad essere testati, dicendo loro dove andare; quindi verificando che questi test abbiano avuto luogo e che i loro risultati diano origine alla corretta applicazione delle procedure nazionali.
Prima proteggere, dopo testare, infine isolare.
L’obiettivo finale di questa politica ambiziosa di test, è quello di permettere velocemente i portatori del virus alfine di interrompere la catena di trasmissione.
L’isolamento non è una punizione.
E non è evidentemente una sanzione.
L’isolamento è una misura di precauzione collettiva. Una messa in sicurezza.
L’isolamento deve dunque essere spiegato, condiviso, accompagnato.
La nostra politica si posa, su questo aspetto, sulla responsabilità individuale e la coscienza che ciascuno deve avere rispetto ai propri doveri nei confronti degli altri.
Noi prevediamo dei dispositivi di controllo, se dovessero essere necessari, ma il nostro obiettivo è di avere fiducia largamente sul civismo di ciascuno.
Spetterà ai prefetti, alle autorità locali definire insieme alle associazioni, al personale sanitario, i servizi di assistenza domiciliari il piano di sostegno per le persone messe in isolamento.
Lasceremo ai cittadini trovati positivi la scelta di isolarsi presso la propria abitazione, nella quale dovrà passare l’intero periodo di confinamento di 14 giorni, o se isolarsi in luoghi appositi messi a disposizione, in primo luogo hotel requisiti appositamente a tale scopo.
Una parola ancora su questo tema, ma una parola importante. Possiamo, dobbiamo, per essere più efficaci, appoggiarci alle risorse straordinarie degli apparecchi informatici?
Un consorzio europeo ha avviato il lavoro che permetterà la creazione dell’applicazione Stop Covid, la cui utilità può essere prevista solo in aggiunta a quanto ho appena descritto.
Complementare perché le inchieste sanitarie che ho descritto, che siano fisiche o telefoniche, sono vitali ma hanno un punto debole. Vanno a scontrarsi talvolta, nei centri urbani, con l’impossibilità di ricostruire la catena di trasmissione nei luoghi più affollati, come per esempio i trasporti pubblici. È difficile rintracciare quello che ha condiviso il vostro trafitto in metropolitana alle 7,46 sulla linea 12. Voi non lo conoscete, lui non conosce voi e RATP non vi conosce entrambi.
Questo è l’obiettivo del progetto StopCovid, che permetterà alle persone che hanno incrociato una persona risultata positiva di integrarsi in un percorso sanitario.
Un gran numero di autorità politiche, a cominciare dal presidente dell’Assemblea Nazionale, mi hanno rappresentato i loro dubbi su questo tipo di strumento, sui problemi che il suo utilizzo non mancherà di porre in termini di libertà.
Queste domande, ho già avuto modo di dire, mi paiono fondate. Devono essere poste. Devono essere discusse. E ho anche l’opinione che devono essere oggetto di un voto del parlamento. Per quel momento, tenuto conto delle incertezze su questa applicazione, io sarò bene in grado di potervi dire se funziona e come funzionerà con precisione Mi pare dunque che questo dibattito sia prematuro. Ma confermo il mio impegno: quando l’applicazione in corso di sviluppo funzionerà e sarà pronta, organizzeremo un dibattito parlamentare specifico, seguito da un voto.
Per procedere al de-confinamento, noi dobbiamo dunque proteggere, testare e isolare ovunque.
Ma, come vi indicavo, noi andremo a muoverci progressivamente e in modo differenziato nei diversi territori.
Progressivamente innanzitutto.
Progressivamente perché non possiamo lasciar ripartire l’epidemia. Perché vogliamo evitare una seconda ondata. Perché tutti noi qui preferiamo evitare che dopo il confinamento poi il de confinamento si debba conoscere un nuovo confinamento generale.
Progressivamente vuol dire che prepareremo l’11 maggio sorvegliando tutti gli indicatori per verificare, dipartimento per dipartimento, che si possano efficacemente lanciare le operazioni a quella data.
Un esempio per illustrare la mia prudenza.
Ho indicato che basiamo la nostra strategia di test su un’ipotesi di 3.000 nuovi casi al giorno intorno all’11 maggio. Se il confinamento è previsto che duri sino ad allora; se, avvicinandosi all’11 maggio, diciamo giovedì 7 maggio, sembra che il numero di nuovi casi giornalieri non sia nella forchetta prevista, che non riusciamo a rompere le troppe numerose catene di contagio, allora dobbiamo arrivare a trarne delle conseguenze. Lo dico ai Francesi, se gli indicatori non sono quelli previsti al momento previsto, noi non de confineremo l’11 maggio o lo faremo in maniera minore.
Io preferirei, credetemi, che gli analisti, gli epidemiologi potessero dirci che la loro ipotesi di 3.000 casi al giorno all’11 maggio si verificherà certamente. Ma siccome non è così, lo dirò con tutta la chiarezza necessaria. Ieri, ho ricevuto dal direttore generale del ministero della sanità, una previsione meno favorevole. Perché i comportamenti si rilassano. Perché la discesa dei ricoveri è troppo lenta. Lo dico qui, davanti ai rappresentanti della Nazione, con solennità. Questa incertezza deve incitare tutti i francesi alla più grande disciplina da qui all’11 maggio e a lottare contro i rischi di rilassamento che sentiamo crescere nel Paese.
Si tutto sarà pronto l’11 maggio, allora inizierà una nuova fase che durerà sino al 2 giugno.
Questa servirà a verificare se le misure prese permettono di tenere sotto controllo l’epidemia. E di apprezzare, in funzione della sua evoluzione, le misure da prendere per la fase successiva che inizierà dal 2 giugno e che proseguirà fino all’estate. Sarà alla fine di maggio che decideremo in particolare sulla riapertura di Caffè e ristoranti.
E’ quindi in questo cammino di tre settimane che andremo avanti. Prestando attenzione all’effetto delle nostre decisioni e al comportamento dei nostri concittadini.
La gradualità si accompagna ad una differenziazione territoriale.
L’ho già detto, tutti i territori non sono stati toccati allo stesso modo dall’epidemia. E noi tutti speriamo che l’11 maggio, se il virus continuerà a circolare in alcuni dipartimenti, la sua presenza sarà debolissima in altri.
E’ dunque logica, pur agendo con la massima prudenza, la nostra proposta di un quadro di de confinamento adattato alle realtà locali della Francia come dell’oltremare.
La Direzione Generale della Sanità e gli uffici di Sanità pubblica hanno stabilito tre insiemi di criteri che permetteranno di identificare i dipartimenti dove la riapertura dovrà essere più limitata:
- Se il tasso di nuovi casi in un arco di 7 giorni restasse alto, cosa che dimostrerebbe che la circolazione del virus è ancora attiva.
- Se le capacità ospedaliere regionali di rianimazioni tendessero a scarseggiare.
- Se il sistema locale di test e controlli dei casi positivi non si sviluppasse come previsto.
Questi indicatori saranno cristallizzati il 7 maggio al fine di determinare quale dipartimento, l’11 maggio, potrà essere inserito nella categoria “rosso” o “verde”.
A partire da giovedì, il direttore generale della sanità presenterà ogni sera la carta di questi risultati, dipartimento per dipartimento.
Questa mappa guiderà ogni dipartimento nella preparazione dell’11 maggio, ricordando l’obiettivo di un confinamento stretto con l’obiettivo di fare abbassare la circolazione del virus, ma anche il bisogno di rimettere in piedi il sistema ospedaliero e di mettere in pratica il sistema di test e controllo dei casi positivi.
Vi ho presentato i punti fermi sui quali noi abbiamo costruito la strategia nazionale di deconfinamento, oltre agli strumenti di sanità pubblica. Passo dunque ora a presentarvi come si organizzerà la vita quotidiana dei francesi a partire dall’11 maggio.
- Il nostro piano di de-confinamento fissa le regole nazionali per questi settori prioritari:
La scuola
Le imprese
I commerci
I trasporti
La vita sociale
- Cominciamo dalla scuola.
Il Presidente della Repubblica l’ha ricordato: il ritorno dei nostri bambini nel percorso scolastico è un imperativo pedagogico, un imperativo di giustizia sociale, in particolare per coloro che possono difficilmente seguire l’insegnamento a distanza.
Questo ritorno, noi vogliamo conciliarlo con il conseguimento dei nostri obbiettivi di sanità pubblica.
Per fare questo, noi proponiamo una riapertura graduale della scuola materna e della scuola elementare a partire dall’11 maggio, su tutto il territorio nazionale, e su base volontaria.
In un secondo tempo, a partire dal 18 maggio, ma solamente nei dipartimenti in cui la circolazione del virus sarà debole, noi potremo ipotizzare di aprire le medie, cominciando per le seste e quinte classi.
Decideremo poi a fine maggio se potremo riaprire le secondarie a patire dagli istituti professionali dai primi di giugno.
Questa decisione non è stata presa alla leggera. Noi ci siamo consultati, abbiamo pesato i pro e i contro, abbiamo studiato cosa fanno gli altri paesi. Ma la riapertura delle scuole è necessaria per garantire il percorso educativo degli studenti, indiscutibilmente i più vulnerabili tra di noi, la cui scolarità soffre terribilmente il confinamento.
Le classi riapriranno in condizioni sanitarie stringenti:
Non più di 15 alunni per classe.
Una vita scolastica organizzata attorno al rispetto delle misure di contenimento, delle misure di igiene e alla distribuzione di gel idroalcolico.
Tutti gli insegnanti e il personale scolastico riceveranno delle mascherine che dovranno portare quando non potranno rispettare le regole di distanziamento.
Sulla questione delle mascherine per i bambini, i consigli scientifici ci hanno portati alle seguenti decisioni:
La mascherina è proibita per le materne; non è raccomandata, tenuto conto dei rischi di un suo scorretto utilizzo, alla scuola elementare, ma il Ministero dell’Educazione nazionale metterà a disposizione delle mascherine pediatriche a disposizione dei presidi per quei casi particolari, per esempio se un bambino presenta dei sintomi, per il tempo necessario ai suoi genitori per venirlo a prendere.
Infine forniremo delle mascherine agli allievi delle scuole medie che non siano riusciti a procurarsele in altro modo.
Un intenso lavoro di preparazione deve aver luogo in ogni scuola affinché si possa preparare questa ripresa così particolare.
I bambini dovranno poter seguire il loro percorso scolastico:
sia all’interno della loro scuola, nel limite massimo di 15 per classe;
sia nella propria abitazione, attraverso l’insegnamento a distanza che resterà, naturalmente, gratuito;
sia in aule comuni (se i locali della scuola lo permettono) o in locali prossimi alla scuola messi a disposizione dalle autorità locali, per attività sportive, sanitarie, culturali o civili;
Ammiro la mobilitazione della scuola durante il confinamento, lo sforzo di migliaia di insegnanti che si sono attivati per accogliere i bambini dei malati, l’ingegnosità di quelli che si sono reinventati per offrire ai propri alunni delle modalità originali d’insegnamento a distanza.
Voglio lasciare quanta più flessibilità possibile al settore e so che così presidi, genitori, comunità locali troveranno assieme, pragmaticamente, le migliori soluzioni. Dico loro che li sosterremo e che ho fiducia in loro.
- Anche gli asili riapriranno
Sarà possibile accogliere gruppi di 10 bambini al massimo, con la possibilità di accogliere più gruppi di 10 bambini se lo spazio lo permette e se le condizioni consentano che i gruppi non si mischino.
Questa riduzione delle capacità porrà, almeno in un primo tempo, la questione delle priorità di accesso. Gli asili accoglieranno i bambini secondo criteri economici e sociali e non è compito dello Stato definire questi criteri al posto dei gestori. Mi sembra però che l’impossibilità di telelavoro per una coppia o le difficoltà di una famiglia mono genitore dovranno essere tenute in considerazione tra i criteri. I bambini dei malati e dei professori dovranno egualmente avere priorità.
Le mascherine saranno obbligatorie per gli operatori dei centri per l’infanzia poiché le regole del distanziamento fisico non potranno essere applicate. Naturalmente non ci sarà obbligo di mascherina per i bambini sotto i tre anni.
Il de-confinamento dovrà anche permettere la ripresa della vita economica.
- Per questo noi dobbiamo riorganizzare la vita al lavoro.
Il telelavoro deve essere mantenuto ovunque sia possibile, almeno nelle prossime tre settimane. Lo chiedo fermamente alle imprese. Noi ne abbiamo misurato suo massiccio dispiegamento da metà marzo. Nessuno ignora le problematiche, ma dobbiamo continuare al limitare il ricorso ai trasporti pubblici e limitare complessivamente i contatti. Non c’è un prima e dopo 11 maggio su questo argomento.
Per coloro i quali non potranno fare ricorso al telelavoro, dovrà essere incoraggiata la pratica di orari di lavoro su turni. Diminuirà così il numero dei lavoratori sui mezzi di trasporto e si ridurrà la presenza simultanea dei lavoratori nello stesso spazio di lavoro.
Per quanto riguarda le condizioni di lavoro, dobbiamo estendere l’approccio adottato dalle associazioni professionali e dal ministero del lavoro per produrre linee guida per ogni mansione che assistano le necessarie riorganizzazioni all’interno delle aziende. Sono oggi disponibili 33 linee guida, ce ne vogliono circa sessanta per coprire tutti i settori. Ho chiesto al Ministero del Lavoro di prepararle entro l’11 maggio.
Questo approccio è interessante perché è molto concreto e coinvolge le parti sociali. Deve concretizzarsi in ogni azienda sotto forma di nuovi piano di organizzazione del lavoro, con particolare attenzione agli orari, alle misure di contenimento del contagio e alla disposizione degli spazi di lavoro. La mascherina dovrà essere indossata laddove le regole di distanziamento non potranno essere garantite.
Mi incontrerò giovedì con i sindacati e le associazioni datoriali su questi temi. Il dialogo sociale a tutti i livelli deve essere attivato per permettere il ritorno al lavoro in un quadro che garantisca evidentemente la salute e la sicurezza dei lavoratori. E’ una condizione imperativa.
Discuteremo anche le misure di sostegno per le aziende in difficoltà. Il programma di attività parziali, che è uno dei più generosi in Europa, rimarrà in vigore fino al 1° giugno. Dovremo quindi adattarlo gradualmente, per sostenere la ripresa dell’attività se l’epidemia viene messa sotto controllo. Naturalmente, continueremo a proteggere i settori vulnerabili e professionali che rimarranno chiusi.
- Il commercio riaprirà anch’esso dall’11 maggio
Oggi, solo taluni negozi essenziali sono aperti. Tutti, ad esclusione dei Caffè e dei ristoranti, potranno aprire dall’11 maggio. I mercati, per i quali la chiusura è oggi la regola e l’autorizzazione l’eccezione, saranno di regola autorizzati, salvo che sindaci o prefetti stimino che non si possano rispettare le misure di contenimento.
Tuttavia se i negozi vorranno riaprire, dovranno rispettare misure rigorose, limitando il numero di persone presenti contemporaneamente nei negozi e organizzando i flussi, al fine di far rispettare la regola della distanza minima di un metro tra persone senza contatto attorno ad esse. Dovranno, evidentemente, assicurare la protezione ai propri dipendenti.
Per quanto riguarda l’uso della mascherina, si consiglia l’uso della mascherina per il pubblico e per i dipendenti quando non è possibile garantire misure di distanziamento fisico. Un commerciante potrà subordinare l’accesso al suo negozio all’utilizzo della mascherina.
Aggiungo infine che l’apertura dei negozi comprenderà un’eccezione per i centri commerciali che hanno un bacino d’utenza che va oltre la loro prossimità e che quindi generano spostamenti e contatti che non vogliamo incoraggiare. I Prefetti possono decidere di non consentire l’apertura dei centri commerciali di dimensioni superiori a 40.000 m2, oltre ai negozi di generi alimentari già aperti, per non rischiare di suscitare movimenti ulteriori di popolazione.
Infine prenderemo una decisione su bar, caffè e ristoranti a fine maggio, per decidere se potranno riaprire il 2 giugno.
- Le decisioni relative ai trasporti sono particolarmente difficili.
I trasporti urbani sono centrali per la ripresa economica, ma il rispetto del distanziamento sociale e delle misure di contenimento è particolarmente difficile. Ho constatato la paura di un buon numero di nostri concittadini prima di prendere la metropolitana, un autobus, un treno, un tram.
Dobbiamo quindi prendere delle decisioni molto serie:
Innanzitutto, aumentare l’offerta di trasporto pubblico urbano il più possibile. Il 70% dell’offerta RATP sarà disponibile dall’11 maggio e dobbiamo rapidamente all’offerta completa.
Successivamente, fare abbassare la domanda, favorendo il telelavoro, differenziando gli orari, e chiedendo ai francesi di lasciare i trasporti nelle ore di punta a coloro che lavorano.
Spero che in ciascuna regione, in ciascun agglomerato, la concertazione inizierà molto presto tra le autorità, gli utenti, le società di trasporto per determinare le condizioni per raggiungere precisamente questi obiettivi. Lo Stato ovviamente li aiuterà. Se dobbiamo organizzare i flussi, riservare il trasporto in determinati orari a determinate categorie, possiamo farlo assieme.
Ma è certo che le prossime tre settimane saranno difficili e che dobbiamo rimanere vigili. L’uso della mascherina sarà reso obbligatorio in tutti i trasporti, metropolitane e autobus. Gli operatori dovranno organizzarsi, almeno per le prossime tre settimane, per consentire il rispetto delle misure di contenimento anche in metropolitana. Ciò significa ad esempio che la capacita della metropolitana di Parigi sarà ridotta di almeno il 30%: Che sarà necessario rendere indisponibile un seggiolino su due, favore, con marcature sul pavimento, la buona distribuzione degli utenti sulle banchine, prepararsi a limitare i flussi in caso di affollamento.
Gli scuolabus circoleranno con la metà dei posti disponibili e con l’obbligo di mascherina per gli alunni e i conducenti.
La mascherina sarà ugualmente obbligatoria nei taxi e negli NCC che non dispongano di protezioni in plexiglass.
Per quanto riguarda gli spostamenti tra regioni o tra dipartimenti, la nostra logica sarà opposta. Noi vogliamo ridurre questi spostamenti per i soli motivi professionali o familiari urgenti, per ragioni evidenti di limitazione alla circolazione del virus. E dunque noi continueremo a ridurre l’offerta, a esigere la prenotazione obbligatoria su tutti i treni, a scoraggiare gli spostamenti tra dipartimenti. Il giovedì dell’Ascensione sarà naturalmente festivo, ma lo dico chiaramente ai francesi: non è il momento di lasciare il proprio dipartimento per andare in vacanza.
- Infine il de-confinamento è il ritorno alla vita sociale
L’impazienza dei francesi nel ritornare ad una vita sociale, noi tutti la comprendiamo.
In primo luogo penso a tutti i nostri anziani che oltre al confinamento soffrono la solitudine a casa e talvolta l’isolamento dentro le RSA, privati per lunghe settimane di qualsiasi visita da parte dei lori figli e dei loro nipoti.
Come sapete, noi continueremo a chiedere ai nostri anziani di proteggersi. Devono continuare a seguire regole molto simili a quelle del periodo di quarantena, proteggendosi, limitando i loro contatti e dunque le lo uscite. Tutto questo riposa sul principio di fiducia e responsabilità, come annunciato dal Presidente della Repubblica. Non ci sarà più alcun controllo, più alcun certificato di uscita. Ma chiedo alle persone con più di 65 anni di essere pazienti. Le visite private, quando si potranno fare, dovrebbero essere fatte con molte precauzioni, così come le uscite. Proteggendo voi stessi, voi proteggete anche il sistema ospedaliero.
La vita sociale riprenderà, ma anche questa gradualmente.
Vorrei adesso cominciare a dire cosa sarà possibile fare di nuovo.
Sarà possibile circolare liberamente, senza certificazione, salvo, come ho detto, per gli spostamenti oltre i 100km dal proprio domicilio, che resteranno vietati salvo per motivi urgenti, familiari o professionali.
Sarà possibile, nelle belle giornate, praticare un’attività sportiva individuale all’aperto, ovviamente superando l’attuale limite di chilometri e rispettando le regole di distanziamento sociale. Non sarà invece possibile praticare sport in luoghi chiusi, né sport di squadra o di contatto.
I parchi e i giardini, così essenziali all’equilibrio della vita in città, non potranno aprire che nei Dipartimenti dove il virus circola in modo minore.
Per misura di precauzione, le spiagge resteranno inaccessibili al pubblico almeno al primo giugno.
Per quanto riguarda le attività culturali, per quelle che possono funzionare più facilmente rispettando le regole sanitarie, le mediateche, le biblioteche e i piccoli musei, così importanti per la vita culturale dei nostri territori, potranno riaprire dall’11 maggio. Al contrario, i grandi musei, che attirano un gran numero di visitatori oltre al loro bacino territoriale, i cinema, i teatri e le sale da concerto, laddove si rimane nello stesso posto in un ambiente chiuso, non potranno riaprire.
Le sale da festa, le sale polivalenti resteranno egualmente ferme, fino al primo giugno.
Per dare agli organizzatori di eventi alcune informazioni, voglio precisare che le grandi manifestazioni sportive, culturali, come ad esempio i festival, le grandi fiere professionali, tutti gli avvenimenti che raggruppano più di 5.000 partecipanti, che sono soggetti ad una dichiarazione in Prefettura e hanno tempi di organizzazione molto anticipati, non potranno tenersi prima del mese di settembre. La stagione 2019-2020 degli sport professionistici, anche quella del calcio, non potrà più riprendere.
Quanto ai luoghi di culto, vedo l’impazienza delle comunità religiose. I luoghi di culto potranno continuare a restare aperti. Ma credo che sia legittimo chiedere loro di non organizzare cerimonie prima del 2 giugno.
Le cerimonie funebri resteranno naturalmente autorizzate, come fino ad ora con il limite di 20 partecipanti. I cimiteri saranno di nuovo aperti al pubblico dall’11 maggio.
Attendendo giorni migliori, i sindaci continueranno a rimandare, salvo urgenze, i matrimoni.
In termini generali, dobbiamo evitare gli assembramenti che sono altrettante occasioni di propagazione del virus. Gli assembramenti organizzati sulle pubbliche vie o in luoghi privati saranno dunque limitati a 10 persone.
Signore e signori, queste regole sociali vi possono apparire complicate. Questo perché essenzialmente io vi propongo di ristabilire un regime di libertà e che insieme si definiscano dunque delle eccezioni.
Queste regole possono apparire vincolanti, e lo sono, ma posso contare sul civismo di ciascuno per applicarle con rigore. Ne va della salute di tutti.
Noi abbiamo certamente dimenticato alcuni punti, formulato in maniera incerta alcune regole, dimenticato di prevedere, in questo o quel territorio, una modifica possibile. Questo sarà la nostra cura nella fase che si apre. Si tratta di arricchire questo piano tutti assieme, con i funzionari eletti, con le amministrazioni locali, con le parti sociali, con tutti i francesi. Per essere pronti l’11 maggio.
Questi sforzi non sono vani e ci permetteranno, io spero, in modo molto concreto, di approcciarci al periodo estivo sotto i migliori auspici: prendo fin da ora appuntamento con i francesi per la fine di maggio per valutare le condizioni con le quali organizzeremo una nuova fasi di de- confinamento e prenderemo in particolare decisioni sull’organizzazione di Caffè, ristoranti e vacanze. E’ troppo presto, in coscienza, farlo oggi.
IV . il seguito
La strategia che vi ho presentati, approvata nel gabinetto di emergenza sotto la guida del capo dello Stato, non è una proposta di legge. Esigerà delle decisioni regolamentari o individuali prese dai ministri o dai prefetti o dai presidenti degli esecutivi locali nell’ambito delle loro competenze.
Su alcuni argomenti, dovrà essere accompagnata da provvedimenti legislativi che non esistono oggi e che mancheranno. Prendo due esempi: per rintracciare i soggetti positivi, per risalire a coloro che hanno incrociato il proprio percorso con un contagiato, sarà senza dubbio necessario ricorrere a degli effettivi supplementari per rinforzare il personale sanitario. Ho menzionato prima il sostegno del personale delle agenzie di sanità. Dovranno essere autorizzati dalla Legge a partecipare a queste indagini.
Altro esempio: la limitazione degli spostamenti tra regioni o tra dipartimenti. Nel periodo di confinamento, è stato possibile limitare questi spostamenti nel quadro generale della Legge del 23 marzo. Questo non sarà più possibile una volta che il confinamento non ci sarà più. Se non vogliamo evitare che la circolazione del virus non acceleri in zone finora al riparo, dovremo limitare questa possibilità di muoversi, almeno in un primo tempo.
Su questi due soggetti, e su qualche altro, converrà dunque legiferare. Proporrò al Parlamento di adottare prossimamente una legge che, prologando lo stato di emergenza sanitaria fino al 23 luglio, autorizzerà l’avvio delle misure necessarie ad accompagnare il de-confinamento. Questo progetto sarà sottoposto all’esame del consiglio dei ministri sabato e sarà inviato al Senato e all’assemblea nazionale la prossima settimana.
Per esporre questa strategia nazionale, il governo ha scelto di ricorrere alle disposizioni dell’articolo 50-1 della Costituzione.
Niente, nella nostra Costituzione, impone al governo di presentare ala strategia che ho appena delineato all’assemblea nazionale. Possiamo deplorarlo, dire che sarà necessario, domani forse, correggere questo difetto. Ma le nostre istituzioni sono così congeniate. Sarebbe stato possibile, per il governo, dare queste informazioni durante una diretta televisiva o una conferenza stampa. E ci dobbiamo dire che questo è già avvenuto molte volte sotto tutti i governi della V repubblica.
Noi abbiamo invece scelto di fare questo annuncio in Parlamento. E aldilà dell’annunciare vi abbiamo dato la possibilità di reagire, di criticare naturalmente, di mettere anche in discussione il governo su questo piano. Che, come ho già indicato, è destinato ad essere integrato dagli enti locali, dai sindacati, dalle organizzazioni datoriali. Infine la possibilità, con il voto di ciascun deputato, di esprimere la propria posizione sulla strategia che ho appena delineato.
Questa scelta si basa su molte ragioni.
Innanzitutto il posto centrale di questa assemblea nella nostra democrazia. Inutile dire molto su una convinzione che tutti noi condividiamo: in questi tempi di democrazie mediatiche, di reti non troppo sociali ma molto aggressive, è senza dubbio utile ricordare che i rappresentanti del popolo sono qui per deliberare e pronunciarsi su tutte le questioni di interesse nazionale.
Sottolineo, e nel farlo considero questo come un dovere e non un favore, che il governo che ho l’onore di guidare ha risposto sistematicamente a tutte le interrogazioni dei deputati e delle commissioni sulla crisi che stiamo vivendo. La commissione di informazione, le commissioni permanenti, le interrogazioni al governo: durante il confinamento tutto questo è proseguito ed è stato un bene perché il governo ne ha avuto bisogno. Come ci siamo impegnati, noi comunicheremo tutte le settimane all’Assemblea Nazionale e al Senato, la totalità delle decisione che vengono prese nel quadro dell’emergenza sanitaria, comprese quelle che non appartengono all’ambito legislativo. Di fronte alle decisioni che abbiamo preso e che dovremo ancora prendere, il controllo del parlamento non è un peso ma un’opportunità.
Dire qui quello che vi ho detto invece che da uno schermo televisivo risponde, signore e signori deputati, alla volontà del governo di dimostrare che nonostante lo stato di emergenza sanitaria, nonostante le ovvie difficoltà ad esercitare il proprio mandato in un periodo di confinamento, la democrazia parlamentare rimane viva, esigente, a volte rumorosa, ma sempre essenziale.
La seconda ragione è che riteniamo necessario consentire a ciascun membro presente in alula o che segue il dibattito a distanza, di poter decidere su questa strategia. Per dire se l’approva e la supporta, per dire se la contesta e la rifiuta o per dire che si astiene. Ma prendere così una posizione. Responsabilmente. Come è proprio dei rappresentanti della Nazione che non possono, che non vogliono e che non dovrebbero essere relegati al rango di commentatori della vita politica.
Sono stato colpito, dall’inizio di questa crisi, dal numero di commentatori che hanno una visione perfettamente chiara di quello che andava fatto secondo loro in ciascun momento. La modernità li ha fatti spesso passare dal bancone del bar ad uno schermo televisivo; le curve di ascolto ci guadagnano mentre la convivialità dei bistrot ci rimette, ma questo non fa, io credo, crescere il dibattito pubblico.
No. I deputati non commentano. Essi votano. E cosi facendo prendono delle posizioni politiche. E’ il vostro onore, la vostra missione e quello che vi invito a fare dopo il dibattito che seguirà questa comunicazione.
Conclusioni
Signore e signori deputati.
La Francia è di fronte a uno di quei momenti in cui coloro che la amano e la servono devono essere all’altezza.
Noi dobbiamo proteggere i francesi senza bloccare la Francia fino al punto che essa affondi. E’ una linea sottilissima quella che si deve seguire. Un po’ troppa spensieratezza e l’epidemia ripartirà. Un po’ troppa prudenza e l’intero Paese affonderà.
La strategia che vi ho annunciato ha per obiettivo quello di permetterci di seguire questa linea. Si basa sulle scelte che vi ho presentato. Si basa sull’azione determinata del governo e dello Stato, sotto l’autorità del Presidente della Repubblica. Si basa sulla fiducia che noi poniamo sulle comunità locali, gli attori del mondo economico e sociale, sulle associazioni.
Si basa anche, e alla fine soprattutto, sui francesi. Sui nostri concittadini. Sul loro civismo e la loro disciplina. Nessun piano, nessuna misura, per quanto ambiziosa possa essere, potrà estinguere questa epidemia se i francesi non ci crederanno o non l’applicheranno, se la catena virale non sarà rimpiazzata da una catena di solidarietà. A partire dall’11 maggio, il successo non riposerà solo sull’autorità dello Stato ma sul civismo dei francesi.
Nel luglio 2017, in circostanze assai differenti ma da questa stessa tribuna, in occasione della mia prima comunicazione di politica generale, ho evocato questa antica qualità nella quale i romani riponevano la loro forza: la virtù che mescola rettitudine, onestà e coraggio. Ero ben lungi dall’immaginare quanto sarebbe stata importante questa qualità nelle settimane a venire, per preparare il nostro futuro, il futuro dei nostri figli, il futuro della Francia.
Vi ringrazio.